Tre possono essere i motivi per cui all’inizio del terzo millennio ci si può interessare al canto gregoriano.
- Un motivo spirituale. Chi vive la fede cristiana s’accorge come la Parola di Dio necessiti di una mediazione che vada al di là della spiegazione filologica e dell’applicazione moraleggiante. Percepire la voce di Dio nella sua Parola e un’azione del cuore in ascolto di quanto le parole della Bibbia non riescono a esprimere. La musica e il linguaggio privilegiato del cuore: di Dio e dell’uomo. Il canto gregoriano ha la forza di incantare, distogliere il cuore dalle preoccupazioni perché si dilati e si orienti a Dio nell’adorazione e nel silenzio attonito.
- Un motivo culturale. Chi e attento alle opere dello spirito umano, avverte la grandezza dell’arte poetica, la capacità di comunicare a livello profondo di emozioni con linguaggi che spesso non sono ordinari. Il canto gregoriano è un itinerario di bellezza e di armonia. Esso riassume l’esperienza poetica di decine di generazioni a partire dall’antico Israel fino alle espressioni mutuate dalle tante e diverse culture dove il cristianesimo ha portato il Vangelo, ricevendo in cambio nuove possibilità di comunicazione musicale.
- Un motivo antropologico. Molti brani del repertorio gregoriano sono costruiti secondo particolari tecniche musicali sperimentate in ambito semitico (maqam) e indiano (raga). La melodia si muove su particolari circuiti mentali che obbligano a percorrere determinati itinerari legati alla memoria e alle sue variazioni, il tutto segnato da alternanza di conosciuto e di ignoto, di presente e di rimosso. Sotto questo aspetto il cantare e anche il solo ascoltare le melodie gregoriane può costituire un momento forte di terapia che permette alla mente di recuperare la verità di se stessa.