Nepi: Le Chiese

Sacralità e Nobiltà: Le Chiese, Cappelle dei Palazzi e Monasteri di Nepi
Nel cuore dell’Italia, immerso nella regione del Lazio, il comune di Nepi custodisce una storia ricca e stratificata, dove il sacro e il profano si intrecciano indissolubilmente. Tra le pagine più affascinanti di questa storia si annoverano le chiese e le cappelle private appartenenti ai palazzi nobiliari e i monasteri, alcuni dei quali purtroppo non più esistenti, che hanno segnato il tessuto urbano e spirituale di Nepi. Nepi, con il suo ricco passato, ha visto sorgere numerosi palazzi nobiliari, ciascuno con la propria cappella privata, destinata al culto e alla devozione delle famiglie aristocratiche. Queste cappelle, spesso ricche di opere d’arte, rappresentavano non solo un luogo di preghiera ma anche un simbolo di status e potere. Una delle testimonianze più emblematiche era la cappella all’interno del Palazzo Celsi, una famiglia che ha lasciato un segno indelebile nella storia di Nepi. Sebbene molte di queste strutture siano state modificate o siano andate perdute nel corso dei secoli, la loro memoria vive nelle descrizioni storiche e nelle ricerche degli studiosi, che ne rievocano la magnificenza e l’importanza spirituale. Il territorio di Nepi è stato sede di numerosi monasteri, luoghi di fervente attività religiosa e culturale. Questi complessi monastici erano spesso dotati di chiese e cappelle, alcune delle quali si sono conservate fino ai nostri giorni, mentre altre sono state distrutte o degradate a causa di eventi bellici, calamità naturali o semplice abbandono. Uno degli esempi più significativi è il monastero di San Bernardo, fondato nel XV secolo, il cui complesso includeva una chiesa arricchita da opere d’arte di notevole valore. Nonostante le vicissitudini storiche, alcuni elementi di questo monastero sono sopravvissuti, offrendo ai visitatori e ai fedeli un’occasione unica per immergersi nella spiritualità e nella storia locale. La conservazione delle chiese e delle cappelle private dei palazzi nobiliari e dei monasteri a Nepi rappresenta una sfida significativa. Molti di questi edifici richiedono interventi di restauro e manutenzione costanti per preservare la loro integrità strutturale e il loro valore artistico e spirituale. Inoltre, la valorizzazione di questi luoghi sacri richiede un impegno comunitario e istituzionale per mantenere viva la memoria storica e culturale che rappresentano. In conclusione, le chiese e le cappelle dei palazzi nobiliari e dei monasteri di Nepi sono pagine vive della storia di questa comunità, testimoni silenziosi di secoli di devozione, arte e cultura. Nonostante le difficoltà legate alla loro conservazione, rappresentano un patrimonio inestimabile, un legame indissolubile tra passato e presente che continua a definire l’identità spirituale e culturale di Nepi. La loro preservazione e valorizzazione sono fondamentali non solo per la comunità locale ma anche per tutti coloro che, nel tempo, desiderano avvicinarsi alla complessa e affascinante storia di questa antica città. Di seguito troverete un elenco dettagliato di tutte le chiese di Nepi, con notizie storiche ed immagini di come erano e come sono allo stato attuale:

Duomo di Nepi

o basilica concattedrale di Santa Maria Assunta e Sant’Anastasia e consacrato nel 1266, sorge molto probabilmente sul luogo di un tempio pagano e costituisce oggi un suggestivo insieme di stratificazioni strutturali che si sono succedute nel tempo. Oltre la tradizione leggendaria che ne vede la fondazione in epoca non precisata, testimonianza tangibile della prima fase costruttiva del duomo è la cripta, databile al XII secolo insieme ad altre porzioni di muratura visibili sia in facciata che nel sottotetto. La struttura attuale dell’edificio risale al XII secolo. La facciata è preceduta da un portico a tre archi edificato nel 1438 contenente numerosi reperti storici, mentre l’interno è a cinque navate divise da pilastri. La Cattedrale ha subito nei secoli diversi interventi di rifacimento; l’ultimo è stato quello per la ricostruzione della copertura a seguito dell’incendio provocato dalle truppe Francesi nel 1798. Dell’epoca più antica è possibile ancora oggi ammirare la bellissima Cripta risalente all’XI secolo con 24 colonne i cui capitelli, uno diverso dall’altro, riproducono animali e simboli tipici del Medioevo. La navata centrale, con volta a botte fu affrescata tra il 1868 e il 1873 da Ludovico De Mauro. Negli stessi anni, al centro della volta, il pittore romano Domenico Torti (1830-1890) affrescò l’Incoronazione di Maria SS., con i santi Pio V (vescovo di Nepi), Savinilla e i patroni Tolomeo e Romano. Lo stesso Torti dipinse le 12 raffigurazioni lungo la navata centrale rappresentanti la Vita di Maria. Il presbiterio absidato è dominato dal gioco prospettico della finta cupola, in cui sono rappresentati personaggi della famiglia di Maria di Nazareth (i santi Anna, Gioacchino, Elisabetta, Giuseppe, Zaccaria, Maria di Cleofe, Giovanni Battista), profeti veterotestamentari in certo qual modo connessi con le loro profezie alla figura della Madre di Gesù (Isaia, Mosé, Davide ed Ezechiele), e decorazioni legate alla simbologia mariana. L’altare maggiore, contiene un sarcofago marmoreo di Ercole Ferrata, in cui sono conservate le reliquie di san Romano. Nella navata di sinistra la prima cappella contiene l’altare dell’Immacolata Concezione realizzato dalla famiglia Sansoni come riporta lo stemma di fronte all’altare e nella chiave di volta. La seconda cappella è dedicata al Santissimo Crocefisso, contiene la pregevole statua lignea realizzata dal maestro Antonio Ispanico nel 1532/33 raffigurante il Cristo in croce. L’altare fu realizzato dalla famiglia Penteriani come riporta lo stemma di fronte all’altare e nella chiave di volta. La terza cappella è dedicata a San Girolamo realizzato dalla famiglia Rinaldi e Rossi come riporta lo stemma di fronte all’altare. In fondo alla navata e visibile la tomba de vescovo Luigi Maria Olivares (1873-1943). Dalle scale si raggiunge la sacrestia e la cappella dedicata all’Assunzione di Maria contenente la statua di legno di san Pio V, ad oggi non utilizzata. Il coro contiene due affreschi di Domenico Torti raffiguranti scene dei Patroni San Romano e San Tolomeo. In alto l’affresco sempre del Torti raffigurante l’Assunzione di Maria Santissima in Cielo. Nella navata di destra la prima cappella contiene la fonte battesimale. Sul fondo della cappella è raffigurato il battesimo di Gesù. La seconda cappella contiene l’altare dedicato a Sant’Isidoro Agricola. L’altare fu realizzato nel XVII secolo. La terza cappella contiene l’altare dedicato a San Giuseppe. L’altare fu realizzato dalla Confraternita di San Giuseppe, come riporta lo stemma di fronte all’altare. La quarta cappella è dedicato a San Filippo Neri. L’altare fu realizzato dalla famiglia Floridi e Viterbini, come riporta lo stemma di fronte all’altare e nella chiave di volta. La quinta cappella è dedicata al Santissimo Sacramento o della Madonna della Salute, raffigurata insieme ai Santi Giuseppe e Camillo de Lellis (1884) nella cappella è sepolto il vescovo Giuseppe Gori. Dalle scale si raggiunge la cappella dedicata ai quattro Evangelisti contenente la statua di legno di san Pio V e la pala raffigurante San Bonaventura, Santa Caterina d’Alessandria, Sant’Antonio da Padova e San Francesco, da ricordare che precedentemente nella cappella era conservata una tela raffigurante San Pio V, sostituita perchè degradata, proveniente dalla Chiesa di San Tolomeo alle Sante Grotte. Di notevole importanza sono le tavole raffiguranti i Santi Tolomeo e Romano conservate nella sacrestia, attribuite ad Antonio del Massaro detto Il Pastura. Sempre nella sacrestia possiamo notare quattro piccoli ritratti realizzati da Mattia Preti nel seicento raffiguranti i Santi Apostoli Pietro, Bartolomeo, Giuda Taddeo e Matteo. Le altre otto opere sono conservate a Sutri. Sopra l’entrata della chiesa in una struttura in legno l’organo realizzato da Angelo Morettini da Perugia. Numerose sono le epigrafi contenute nella chiesa. Da rilevare tra il patrimonio artistico qui conservato: il Crocifisso ligneo realizzato nel 1533 da magister Antonius Ispanus, artista spagnolo che fu attivo anche a Bagnoregio, a Canepina e a Vitorchiano;  il Trittico del Salvatore, preziosa icona rappresentativa nella storia nepesina del tardo Cinquecento; la scultura raffigurante San Romano tra Angeli e santa Savinilla, di Ercole Ferrata (1610-1686), situata nell’altare maggiore; Le due tavole lignee, raffiguranti San Romano e San Tolomeo dipinte dal Pastura nel 1510 su commisione delle famigli Celsi, Catalani e Mecarotius. Il campanile negli anni subì delle modifiche, una delle quali nel 1511 da Jacopo Ungarico da Caravaggio, dopo che la precedente torre campanaria in stile romanico-laziale era stata in parte abbattuta. È infatti ancora ben visibile la stratificazione delle murature. Appena sopra il tetto della navata, si nota la muratura medievale, con le due aperture tamponate e parte delle cornici a mattoncini di cotto appena sopra. Si innesta poi la muratura rinascimentale. La torre a tre ordini sovrapposti, consta di un basamento cieco e di due sovrastanti, caratterizzati da ampi archi a tutto sesto, affiancati da nicchie e specchiature. Un tempo una copertura a cuspide completava la struttura. Un fulmine la colpì abbattendola agli inizi del XIX secolo. Al suo posto venne realizzato un semplice tetto a quattro spioventi. Divenuta parrocchia al posto della parrocchia di San Vito intorno al 1500. Con il titolo di Santa Maria Assunta in cielo. Nel corso dei secoli ha assorbito la parrocchia di Santa Anastasia, di San Gratuliano, di Sant’Eleuterio e di San Pietro. Per approfondimenti cliccare QUI.


 
 

Chiesa di San Tolomeo, anche detta del Rosario

Apparteneva ai Padri Domenicani. Nel 1542 fu avviata l’edificazione della chiesa di San Tolomeo contestualmente con la demolizione di quella più antica situata fuori le mura, per poter accogliere le reliquie dei santi martiri, ritrovate all’interno delle catacombe di Santa Savinilla. Il progetto fu affidato ad Antonio da Sangallo il Giovane il quale, basandosi sul modello da lui progettato della Basilica di San Pietro, produsse diversi disegni oggi conservati agli Uffizi di Firenze. Nel mese di agosto 1543, preparato il terreno, si acquistarono i materiali per la costruzione. Per il finanziamento, oltre al contributo del duca, il comune impegnò parte del ricavato dalla vendita annuale della “spiga” (il residuo del grano che rimaneva sui campi dopo la mietitura). Nel 1545, a causa della partenza di Pier Luigi Farnese e per la morte del Papa Paolo III i lavori si fermarono. Solo nel 1588 i lavori vennero ripresi improntando però un progetto ampiamente ridimensionato rispetto al precedente. L’architetto fu Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù, al servizio di Alessandro Farnese presso il suo palazzo di Caprarola. Successivamente vennero impiegati anche l’architetto Giovanni Rosa e Flaminio Ponzio, autore della facciata e del portale. A tre navate affiancate da cappelle e terminante in un imponente presbiterio ottagono coronato da grandi cappelle absidali, ciò che resta del disegno sangallesco sono le strutture di fondazione e la cripta ottagona. La chiesa fu aperta al culto il 23 agosto 1606. Al suo interno sono da rilevare gli interessanti affreschi dell’ultima cappella a destra, ora dedicata alla beata Cecilia Eusepi, raffiguranti Storie della Vergine, che denotano un maestro di fine Cinquecento affine agli artisti che lavorano a Roma nei grandi cicli sistini. Sull’altare è la magnifica scultura raffigurante San Tolomeo realizzata da G. F. De Rossi nel 1663. Nel 1892 venne aggiunta la volta a botte della navata, la cupola sulla tribuna e resa circolare l’abside. Sull’unica navata dell’interno si aprono tre cappelle per lato. Le tre cappelle di sinistra sono dedicate alla Pietà, a Santa Giuliana da Firenze (precedentemente dedicata al Santo Rosario proveniente dalla demolita chiesa di S. Andrea, poi successivamente nel 1649 dedicata a S. Pietro da Verona martire, santo domenicano del XIII secolo e Sant’Antonio da Padova. Successivamente dopo la seconda guerra mondiale venne dedicata a Santa Giuliana Falconieri da Firenze tela dipinta dal pittore nepesino Sem Rossi) e a Sant’Andrea (altare proveniente dalla chiesa di Sant’Andrea). Mentre le tre cappelle di destra sono dedicate alla Madonna Addolorata (il 20 agosto 1945 è stata deposta nel lato destro di questa cappella la beata Cecilia), a Santa Francesca Romana e a San Vincenzo Ferrer. Nella parte destra dell’altare principale, troviamo la cappella dei Sette Santi Fondatori (precedentemente intitolata a San Domenico, poiché costruita dai domenicani nel 1632, in onore del fondatore S. Domenico de Guzman, la tela fu dipinta da Domenico Iacovazzi da Zagarolo. Nel 1911 i frati Servi di Maria, hanno dedicato la cappella ai Sette Santi Fondatori dell’Ordine ai piedi della Vergine Maria che proteggono la città di Nepi, tela dipinta nel 1942 dal pittore nepesino Sem Rossi. Nella parte sinistra dell’altare principale, troviamo la cappella dedicata alla Madonna della Vittoria dal (precedentemente nel 1649 fu dedicata al Santo Rosario). Alla chiesa di San Tolomeo, fu trasferita la parrocchia di Sant’Andrea, ora detta del Santo Rosario.

Chiesa di San Biagio

Probabilmente una delle più antiche della città. La chiesa di S. Biagio era originariamente parte di un complesso monastico benedettino femminile ubicato lungo le mura perimetrali dell’antico nucleo urbano di Nepi e nominato per la prima volta nell’anno 921. Al suo interno sono importanti tracce che documentano la sua ricca storia: dai dipinti dell’abside datati al XII secolo che costituiscono una felice continuità stilistica con la vicina basilica di S. Anastasio a Castel S. Elia, alla suggestiva cripta. Il monumentale ciborio di fine XV secolo testimonia poi un vivace momento storico che affonda le radici nella tradizionale presenza locale di una corporazione degli allevatori e mercanti di suini documentata dalla grande immagine di san Biagio, protettore del bestiame, e dai due stemmi con una scrofa e un ramo di quercia. Dichiarata monumento nazionale, risale all’anno 950 quando era parte del complesso monastico locale dipendente da quello di San Ciriaco di Roma. L’edificio ha una sola navata, con presbiterio rialzato al di sopra della cripta. Il portale è realizzato con il sarcofago della famiglia Velia e che raffigura la vendemmia. Dopo l’ultimo restauro è visitabile completamente.


Chiesa di San Pietro apostolo

Esempio di architettura tardo barocca esistente già a partire dal XIII secolo (1250), epoca alla quale risale una porzione di paramento murario esterno. Nominata nella raccolta delle decime nel 1278. Il 25 ottobre del 1465 fu consacrata, ma tra il 1755 e il 1778 l’agostiniano Giuseppe Casella la riedificò nuovamente ruotando l’asse di 90°, in adeguamento all’assetto viario e urbanistico cinquecentesco voluto dalla famiglia Farnese, e conferendogli una pianta ellittica in stile tardo barocco. L’organizzazione spaziale del presbiterio, con le sue colonne a ‘tutto tondo’ ha la finalità di rendere un effetto decorativo e teatrale. Dietro l’altare maggiore è da rilevare il dipinto quattrocentesco raffigurante la Madonna della Libera, o Madonna dei Raccomandati, che protegge con il suo manto i fedeli. Il soffitto e di tipo a botte con decorazioni a stucco. Gli altari al suo interno furono realizzati probabilmente dal celebre capomastro muratore “Fra Giuseppe Casella Agostiniano. Sulla parte destra troviamo l’altare dedicato a San Tommaso da Villanova, frate agostiniano e vescovo spagnolo, intento a distribuire l’elemosina ai poveri. Sempre sul lato destro notiamo l’altare della Madonna della Consolazione con il Bambino, con Santa Monica e suo figlio Sant’Agostino (ad oggi in questo altare è posta la statua di Santa Rita da Cascia venerata dai nepesini).  Sulla parte sinistra, possiamo notare l’altare dedicato a Nicola da Tolentino frate agostiniano, ritratto tra gli angeli e le anime del Purgatorio. Subito dopo l’altare dedicato a tre Santi: San Pietro Apostolo, Sant’Antonio Abate e Santo Stefano protomartire. Entrando in chiesa sui due lati notiamo due piccole cappelle contenenti il fonte battesimale a destra e a sinistra un dipinto del XIX secolo raffigurante La Pietà (ex sede del SS. Sacramento). Nella chiesa possiamo notare anche quattro statue, in finto marmo, raffiguranti i San Giuseppe, Santa Monica, San Pietro e Sant’Agostino. Sopra l’ingresso notiamo un organo del Calogero. Nel 1866 fu consacrata da Mons. Levi. Nel 1927, abbandonata dai Padri Agostiniani, fu affidata da Mons. Olivares ai Padri Serviti.

Chiesa di San Giovanni Decollato o Chiesa della Misericordia o Bonamorte

Costruita tra il 1553 e il 1564 dall’omonima Confraternita della Misericordia, che era aggregata all’omonima Arciconfraternita di Firenze tramite la sezione esistente in San Giovanni dei Fiorentini di Roma. I confratelli avevano il compito di dare assistenza ai malati, di raccogliere e trasportare le salme delle persone che morivano in campagna o per incidenti sulle strade. Fu consagrata l’11 Maggio 1566 da Monsignor Perasco Romano Vescovo di Civita Castellana, di commissione dell’Eminentissimo Vescovo di Nepi, come da lapide ivi esistente. Ospita al suo interno pregevoli opere d’arte. La chiesa è attualmente proprietà della Confraternita di San Giovanni Decollato, che la custodisce. E’ famosa soprattutto per l’immagine che racchiude all’interno, l’iconografia antica della Beata Vergine, della Madonna di Costantinopoli, un dipinto di foggia bizantina, commissionata da una nobile famiglia nepesina ed una siciliana. La storia della chiesa è legata al miracolo riconducibile all’immagine, chiusa nella teca, che salva due mercanti che fuggono da Costantinopoli durante l’invasione turca. Il nome “Madonna dei matti” deriva forse dal fatto che i due fuggitivi gettano in mare la teca della Vergine e attraversano il mare su questa. Molti dei quadri contenuti furono attribuiti alla scuola di Luigi Coracci metà del XVI secolo. Al suo interno possiamo trovare tre altari lignei dei primi del XVII secolo. L’altare principale è dedicato a San Giovanni Decollato. Al centro la tela raffigurante la decapitazione di Giovanni Battista.  Ai lati dell’altare possiamo notare gli scranni lignei dove in passato sedevano i Confratelli per compiere le varie orazioni quotidiane. Sulla destra l’altare con la tela raffigurante “L’apparizione della Madonna di Costantinopoli a due monaci”. In passato qui esisteva un precedente altare consacrato a Santa Elisabetta, di cui si conserva tuttora l’affresco dietro all’attuale tela. Sulla parte sinistra notiamo l’altare dedicato a San Carlo Borromeo, probabilmente dei primi del XVI secolo. Di fronte sull’altare, il busto-reliquiario che veniva portato in processione raffigurante San Carlo Borromeo, Amministratore Apostolico dell’allora Diocesi di Nepi e Sutri. Nella chiesa possiamo trovare altre due tele raffiguranti Sant’Orsola e i Santi Crispino e Crispiniano, patroni dei calzolai del XVIII secolo. Sopra l’ingresso è visibile la cantoria sorretta da due colonne risalente al 1850, dove un tempo era installato l’organo. La Madonna si festeggia la seconda domenica di maggio.

Chiesa di Santa Croce

Ex parrocchia. La sua seicentesca facciata prospetta sul lato orientale della piazzetta dell’Ospedale intitolato anch’esso alla Santa Croce. Incastonata tra le abitazioni e l’Ospedale, circondata a sud da un muro che delimita un piccolo terreno ad uso d’orto, questa bellissima testimonianza dell’architettura e della decorazione romanica, rimane nascosta alla vista dei più. Le sue strutture ci raccontano la storia di un susseguirsi di fasi costruttive ed evolutive che vanno probabilmente dal secolo IX–X al secolo XX. Alcune parti di muratura fanno datare l’edificio al IX-X secolo, ma sicuramente l’attuale chiesa ha inglobato una struttura risalente a quella data. Il primo documento che parla della chiesa è un pagamento delle decime dell’ultima crociata del 24 gennaio 1278. La chiesa come le strutture adiacenti (ospedale e oratorio) erano gestite dalla Confraternita della Disciplina e Gonfalone. La chiesa era molto devota a San Leonardo affrescato nella parte laterale dell’altare e citato come altare in una visita apostolica del 1574. Nel 1726 venne fatta costruire da Valerio Lojali da Mugnano la cappella dedicata a San Pasquale Bajlon. In seguito tale cappella divenne proprietà della famiglia Brunetti. Nel 1742 venne fatta costruire dall’Arciprete di Santa Croce Giorgio Melata, la cappella dedicata a Sant’Anna e San Luigi Gonzag (come riportato da una lapide posta nel pavimento). La cappella prese il posto dell’oratorio della Confraternita del Gonfalone, e la parte rimanente fu occupata dalla nuova sacrestia, mentre la confraternita si trasferì nella vecchia sacrestia usandola anche come oratorio. Il culto di Sant’Anna era molto sentito e per questo la chiesa è stata molte volte erroneamente detta di Sant’Anna.  La chiesa aveva il titolo di collegiata ed era officiata da un capitolo di canonici come il duomo. Ha molta importanza per la storia di Nepi, specialmente per la presenza dell’annesso ospedale. È stata oggetto di vari studi. Il titolo parrocchiale, già unito a quello di San Biagio, è ora assegnato alla chiesa del Carmine. Nel 1970 crolla una parte del tetto, seguito dal crollo della navata centrale avvenuto nel 1980. Ad oggi è chiusa e al suo interno sono situate delle impalcature.

Chiesa di San Silvestro Abate (Carmine)

Risale al XV secolo. Realizzata per i monaci Benedettini Silvestrini situati nell’adiacente convento. Apparteneva alla Parrocchia di Santa Croce. Fatta ingrandire e orientata nel XVI secolo dalla famiglia Orsini. Durante la realizzazione furono incorporati molti edifici vicini. Al suo interno notiamo numerosi quadri. La chiesa è detta anche del Carmine per la presenza della statua della Madonna del Carmelo e per le monache Carmelitane situate anche loro nel convento di Sant’Anna adiacente, il quale fu monastero fino al 1564. La chiesa è composta da una navata unica con sei cappelle laterali. Nella parte sinistra troviamo la prima cappella dedicata a San Biagio, con la tela raffigurante San Biagio Vescovo e Martire, proveniente dalla chiesa di San Biagio. La seconda cappella con l’altare di San Francesco fatto costruire dal conte Francesco Cerbelli nel 1700 e su cui si nota lo stemma gentilizio. L’altra cappella contiene l’altare dedicato a Santa Teresa di Gesù Bambino. Nella parte destra notiamo la cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova. Nella tela si può vedere la Madonna del Carmine, Sant’Antonio da Padova, San Domenico e San Lorenzo Martire. La seconda cappella dedicata a Sant’Antonio Abate, è stata fatta costruire dalla famiglia Trifogli, nel 1722. La terza cappella è dedicata al Sacro Cuore. Dietro l’altare principale è posta la statua della Madonna del Carmine con il Bambino Gesù. Nel locale attiguo si può notare la cappella del SS. Crocifisso. Nel 1951 il pittore Duili Duilio di Roma, durante i restauri della chiesa decorò in finto marmo gli altari, riprese i due quadri, ad olio su muro, apparsi durante i lavori, sulle pareti ai lati dell’altare maggiore, e che raffigurano, a sinistra l’Epifania, a destra S. Benedetto o San Silvestro, Santa Geltrude e Santa Scolastica. Restaurata totalmente nel 1951 è tra le più belle chiese di Nepi. Alla chiesa del Carmine, sono state unite le parrocchie di Santa Croce e di San Biagio.

Chiesa di San Bernardo o di San Pancrazio e convento di San Bernardo

è situata sulla punta dello sperone tufaceo dove sorge Nepi. La sua costruzione iniziata nel 1560 e terminò nel 1616. Il Monastero cistercense doveva sostituire il monastero di S. Anna delle Domenicane che era stato soppresso. Nel 1618 il convento divenne proprietà delle monache cistercensi. Al suo interno è contenuto un affresco di Santa Caterina d’Alessandria della scuola di Guidoreni, aggiunto in un secondo tempo dalla famiglia Tasciolini attribuito a Roncalli Cristoforo detto Pomarancio (1552/1626). Mentre ai due lati troviamo altri altari. Il primo altare conserva un affresco della Madonna dell’Immagine traferito dalla Chiesa di S. Pangrazio, ed anteriormente segata da altro luogo, la quale, sufficientemente conservata, è pittura dei tempi del Cimabue, che come ognun sa fiorì nel secolo XIII. Troviamo poi, l’altare di San Francesco, proveniente dalla chiesa demolita nel 1542 dai Farnese e raffigurante San Francesco e San Benedetto sotto al crocefisso. L’altare di San Sebastiano proveniente dalla chiesa di San Sebastiano, che ha subito la stessa sorte della precedente, contenente la tela appartenente al comune, raffigurante la Madonna con sotto San Sebastiano martire, San Rocco e San Marco. Di fronte all’altare era custodita anche una tela di San Giuda Taddeo. Infine l’altare di San Bernardo, con la tela raffigurante la lattanzia di San Bernardo, con la madonna con il bambino, San Bernardo, San Benedetto abate e Santa Scolastica sorella di San Benedetto. L’altare è stato sostituito ad un precedente altare di cui non si hanno notizie. Nei primi anni del 1700 è stato realizzato il coro.


Chiesa di San Rocco

E’ nel territorio della parrocchia del Santo Rosario. Costruita come una grossa edicola nel 1467 quando gli abitanti di Nepi, colpiti da un’epidemia di peste fecero voto di costruire una cappella in onore di San Rocco. La cappella conserva un didascalico palinsesto di affreschi raffiguranti San Rocco e scene dei suoi miracoli, eseguito da un ignoto artista con un vivace e compendiario linguaggio stilistico sul finire del XV secolo, ma attribuiti anteriori al Vannucci della scuola Fiorentina. Un affresco raffigura San Rocco, con ai piedi un persona in ginocchio che doveva essere il magistrato rappresentante del Popolo. Possiede un altare con un notevole affresco, al centro del quale campeggia l’immagine del santo e, ai lati, sono rappresentate alcune scene della sua vita. Nel seicento fu aggiunta un’aula di scarso valore artistico. La devozione a san Rocco, francese di nascita, ma vissuto prevalentemente in Italia, dove era giunto come pellegrino e dove si fermò a curare i colpiti dalle ricorrenti pestilenze, fu promossa soprattutto dal papa Alessandro VI, Rodrigo Borgia (1492 – 1503). Questi, che era stato signore di Nepi, una volta eletto papa, passò il dominio ai propri figli e in particolare a Lucrezia, prima che andasse sposa a Ferrara. Il tetto della “navata” fu rifatto negli anni ’70 del XX secolo a spese del comune, che ne è il proprietario. Per quanto riguarda la piccola chiesa, ritengo che si debba dedicare particolare attenzione all’altare. Le iscrizioni, che illustrano le varie scene, risultano molto interessanti sotto il profilo linguistico e storico.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie

è situata accanto a quella di San Biagio. Le chiese di S. Maria (ora S. Maria delle Grazie) e di S. Biagio erano parte di un complesso monastico benedettino femminile ubicato lungo le mura perimetrali dell’antico nucleo urbano di Nepi, in corrispondenza di Porta Porciana. L’intero complesso è nominato per la prima volta in documento della metà del ‘400. Era gestita da un’importante confraternita, che aveva lo stesso titolo della chiesa, estinta da molti anni. Viene citata in un documento dell’anno 921 (archivio capitolare di S. Maria in Via Lata, Roma, da cui dipendeva) redatto in occasione di una concessione da parte di Odocia, badessa del monastero di Santa Maria. Nel 950 all’intitolazione esclusiva a Santa Maria si aggiunge quella di San Biagio, che permarrà accanto alla prima finendo per prevalere già nel tardo XIII secolo, quando il monastero viene indicato solo con la dedica a San Biagio, in occasione della partecipazione alla raccolta fondi pro Terre Sancte subsidio ovvero per la crociata promulgata da papa Gregorio X nel 1274. Nel 1560 il monastero venne abolito e annesso alla parrocchia di Santa Croce, col trasferimento delle monache al nuovo monastero di San Bernardo. L’architettura racchiude l’affresco della Vergine in sacra conversazione con i Santi Nicola e Egidio. L’acquasantiera è costituita da un cippo funerario tardo imperiale. Ora fa parte della parrocchia di Santa Croce e San Biagio.

Chiesa dei Santi Vito e Modesto

Piccola chiesa molto antica, situata nella via omonima, ha subito varie vicende nel corso dei secoli. Ex parrocchia, viene citata in un documento del 1467 ma ha origini sicuramente più antiche. Nel documento, una memoria nell’antico libro dei ricordi dei PP. Domenicani, nei quali si parla di un antichissimo canone in favore del Convento, imposto su una Casa, situata nella Parrocchia di S. Vito, il qual Canone era divenuto di proprietà di quei Padri per pia disposizione. La chiesa conserva preziosi dipinti databili tra il XIII e il XV secolo. Tra questi l’affresco raffigurante la Madonna e i santi Vito e Modesto (fine XV-inizio XVI secolo) il cui distacco ha permesso il ritrovamento dei dipinti murali più antichi della parete di fondo (XII-XIII secolo), tra i quali San Luca. Sul finire del 1400 fu privata delle tegole, che vennero utilizzate per completare la copertura del duomo. Il visitatore apostolico nel 1574 trovò la chiesa senza alcun reddito, senza un rettore, senza il tetto, rovinata senza speranza di recupero. Suggerì di demolirla, una volta acquisito il consenso dell’ordinario. Ma il vescovo non fu d’accordo e la chiesa ancora esiste, vi si celebra almeno per la festa del santo, il 15 di giugno. Il Moronì, che nel 1847 la vide, annotò: “vuolsi la più antica dei primi cristiani di Nepi, e forse edificata dai santi patroni, la cui parrocchia fu trasferita in cattedrale alla sua erezione, indi restaurata nei 1500”. Nella parte sinistra della porta di entrata possiamo notare un frammento marmoreo medievale inserito nello stipite. Le dimensioni della chiesa a primo impatto sembrano molto più piccole, di come dovevano risultare in epoche antiche. In effetti gli affreschi sembrano fuori centro e le porticine murate, fanno presupporre che l’edificio adiacente sia stato costruito su una porzione della chiesa.

 

Chiesa di San Godiziano (Cotiziano) o Feliziano

La piccola cappella posta sulla via del cimitero. Il nome di questo santo e quindi della chiesa a lui dedicata sfugge a qualsiasi ricerca. Viene citata per la prima volta nel 1398. Il rudere, che ancora si può vedere, era forse l’abside di un edificio più grande. Un indizio è fornito da quanto si dice nel lascito fatto l’11 novembre 1511 da Giorgio Raffarini da Pinarolo Po (provincia di Pavia), che dona sei ducati per far ricoprire la “volta superiore” di San Cotiziano. Della chiesa si hanno notizie fin dal XIV secolo: in un documento del 1397 è ricordato un terreno nella contrada detta “Prato Catolino”; in un altro del 1398 si menziona un censo, il sesto del reddito a favore della chiesa, che grava su una vigna in contrada “Forano”, venduta da Vestro Nibi a Gemma, moglie di Andrea fornaio. Fu risparmiata dalla demolizione delle chiese adiacenti alle mura per ordine del duca Farnese, ma fu abbandonata. Essa sorge all’interno di un evidente rudere di epoca romana in “opus coementicium”, forse una cisterna. In questa Cappella furono rinvenuti diversi suppellettili e delle ossa umane ed il corpo di S. Godiziano, che per qualche incidente ha perduta la sua autenticità. Al tempo di Monsignor Basilici di chiara memoria venne di nuovo restaurata. All’interno sulle mura vi erano delle pitture sacre, forse del 1600 circa. Poco o nulla più si conoscono per l’umidità che le ha rese insignificanti.

Chiesa di San Tolomeo alle Sante Grotte o fuori le mura

La chiesa sorge accanto all’attuale cimitero. Era costruita all’ingresso delle catacombe, le Sante Grotte, come si diceva a Nepi, cioè il cimitero paleocristiano, dove furono sepolti i primi cristiani, compresi i santi martiri nepesini. Su questa chiesa e sulle catacombe esistono ormai diverse pubblicazioni. Riassumo qui alcuni dati importanti: nel 1460 il complesso fu affidato ai francescani di San Pietro in Montorio di Roma. Ad essi nel 1530 subentrarono domenicani. La chiesa è stata ricostruita sui ruderi di una vecchia struttura fatta distruggere da Pier Luigi Farnese, poichè poteva essere usata come riparo da eserciti nemici. Dopo la sua demolizione, per accogliere le reliquie dei santi martiri nepesini, fu iniziata la costruzione di San Tolomeo dentro le mura. Fu ricostruita nel 1650 dal Padre Maestro Garofani Domenicano, a spese del Comune, che fece trovare il piano dell’antica Chiesa, ritrovando l’ingresso alla catacomba. Fu affidata dapprima ad un piccolo istituto di frati, detto di Gesù Nazareno, poi ai cappuccini, che la tennero fino al 1800. Dopo il 1870 nel terreno adiacente fu costruito il cimitero pubblico. L’immagine della vecchia chiesa e contenuta nel dipinto di San Girolamo contenuto nel Duomo di Nepi. Dalla chiesa si accede alla Catacomba di Santa Sivinilla.

 

Chiesa della Madonna dell’Umiltà (loc. Umiltà)

è situata sulla via amerina. Ormai ridotta ad un rudere contiene ancora alcuni affreschi è risalente a prima del XV secolo. La chiesa e gli edifici adiacenti sono ancora visibili sulla strada Selciatella, al culmine del saliente dopo Ponte Nepesino. E’ penoso però vederli ridotti all’attuale stato di fatiscenza. I primi documenti rintracciati risalgono all’ultimo decennio del ‘400 e attestano che molti nepesini contribuivano con offerte alla sua manutenzione. Ma alla metà del ‘500 risulta che pastori e mandriani della zona circostante si servivano dei locali annessi come ricovero notturno e come stalla per le loro bestie, non lesinando l’uso dei mobili e infissi lignei per riscaldarsi. Il complesso di Santa Maria dell’Umiltà era una dipendenza del duomo di Nepi, come nota la visita apostolica del 1574. Le pareti della chiesa erano ornate di dipinti non disprezzabili, raffiguranti la vita della Madonna. Non si sa da quando e perché sia stata abbandonata. Ormai come chiesa è da considerarsi degradata e perduta.

Chiesa di Sant’Eleuterio

O chiesa parrocchiale di Sant’Eleuterio è una delle più antiche chiese di Nepi. Nominata nelle fonti a partire dal XII secolo, nelle decime del 1276 e in una compravendita del 1396. Era composta da tre altari e poteva contenere fino a 500 persone. Restaurata intorno al 1500 da Girolamo Celsi, nel 1573 vi fu sepolto il Monsignor Lorenzo Celsi figlio di Giovanni. Rimase alla famiglia fino alla morte del Card. Angelo Celsi nel 1675. Nella chiesa oltre ai quadri di poco valore erano contenuti tre quadri non obliabili: il primo della SS. Trinità, l’altro della Madonna con S. Eleuterio, S. Vincenzo Ferreri e l’ultimo della Santissima Annunziata, attribuito a Taddeo Zuccari. Lo stesso Zuccari fu artefice dei dipinti delle pareti ridotti in cattivo stato dall’umidità. Nel periodo Barocco fu modificata sia internamente che esternamente. E’ stata chiesa parrocchiale fino al 1963. Attualmente è sconsacrata ed è adibita a sala parrocchiale o a sala per convegni. Nella foto la pala dell’altare principale della chiesa di Sant’Eleuterio, trasferito nella Cappella dei quattro Evangelisti del Duomo di Nepi.

Chiesa di Santa Maria degli Angeli

Ex chiesa di Santa Chiara (annessa al vecchio Seminario) all’interno di via di corte, era annessa al convento degli angeli, costruito fatto costruire dalla Nobilke Nepesina Girolama Catalani, signora della Catalogna, moglie di Pompeo Pierleoni nobile di Roma. Fu la chiesa dell’omonimo monastero femminile delle clarisse. Dopo la rivoluzione francese, negli stessi locali fu eretto il seminario vescovile. Quando quest’ultimo fu trasferito in altra sede, il sacro edificio nel 1962, fu venduto e trasformato in palestra. In principio era una chiesa più grande, poi fu ridotta. Era sorta come cappella nel periodo di Mons. Doebbing. Ora è abbandonata. I quadri contenuti all’interno erano di poco valore storico.

 

Chiesa Santa Famiglia (loc. San Bernardo)

Di nuova concezione è costruita interamente in mattoni di tufo. La pietra angolare è stata collocata 29 gennaio 1994 e la benedizione della chiesa l’ha fatta S. E. Mons. Divo Zadi nell’anno giubilare del 2000.

•  Chiesa della casa generalizia delle Suore Missionarie, loc. Settevene

Costruita nel 1961 dalla ditta Giovannini e Micheli di Roma. Appartiene al Noviziato delle Suore Missionarie in Settevene della Consolata di Torino. E’ di moderna fattura.

 

Cappella coro del convento di San Bernardo

è situata all’interno del monastero delle monache di clausura cistercensi di Santa Susanna a Nepi. La sua costruzione risale al 1618, quando il convento divenne proprietà delle monache cistercensi.

Cappella  del convento femminile di Porta Porciana

è situata all’interno del complesso del vecchio monastero a Nepi. Della sua costruzione e della sua scomparsa, si hanno pochissime notizie. Abbiamo alcune immagini raffiguranti San Romano, San Tolomeo ed il Cristo circondato da angeli, con in mano un libro con scritto “EGO SUM VIA VERITAS ET VITA,

 

Chiesa o Cappella delle Suore Dorotee,

Piccola stanza all’interno del convento delle Suore Dorotee. Realizzata con l’arrivo delle Suore a Nepi e usata come luogo di preghiera per le Suore stesse. Ad oggi non usata più.

Chiesa o Cappella del Sacro Cuore di Gesù

Piccola stanza all’interno del vecchio Ospedale Civile. Era utilizzato dai frati Concezionisti di Padre Luigi Monti. Ad oggi abbandonata.

Chiesa di Sant’Antonio (loc. Settevene)

La piccola chiesa di Sant’Antonio è ben visibile dalla strada passando per la cassia bis e attraversando la località Settevene. I proprietari della tenuta, cioè la famiglia Cerbelli di Nepi, avevano fatto costruire un’osteria con annesso albergo, stalle ecc. La gestione di questo complesso era data in affitto. Nei primi armi dell’800 risulta affittuario tale Giuseppe Bartolucci o Bartolacci romano. Questi, per comodità della sua famiglia, dei clienti dell’osteria e dell’albergo, fece edificare, a sue spese, col permesso dei proprietari, una cappella con altare per la celebrazione della santa messa domenicale. Il 28 febbraio 1815, il Bartolucci fece redigere dal notaio Filippo Zampaletta una carta privata, ma da valere come atto pubblico, con la quale rinunziava, per sé e per la sua famiglia, a qualsiasi diritto su quella cappella, che doveva rimanere in esclusivo uso dell’osteria e dell’albergo, a beneficio dei quali lui aveva inteso costruirla. La cappella è stata per molto tempo inutilizzata; in data recente, dato lo sviluppo di un centro residenziale nelle vicinanze, è stata restaurata e riaperta al culto nelle domeniche e nelle feste. La targa sopra la porta riporta la dedica “A Sant’Antonio 1912”.

Chiesa di San Paolo

al Belvedere Lidia (loc. Colle Lidia) è sta costruita nel 1979. E’ situata all’interno del centro residenziale.

Chiesa del SS. Rosario agli Orsini. (loc. Prato Morto)

Risale al sec. XVI ed è una sorta come cappella gentilizia. E’ situata presso la strada SS. 312 nepesina nei pressi della località prato morto. La ricostruzione della chiesa fu eseguita come ex voto a Santa Carmela, nome della moglie del proprietario, Nicola Drago, sopravvissuta a una grave malattia.

Chiesa o cappella di Santa Maria a Casale.

La piccola chiesa è situata nella tenuta Pazielli sulla strada provinciale 36. Risale al XVI secolo e faceva parte del vecchio convento dei PP. Domenicani di Santa Maria della Quercia di Viterbo e della Tenuta Casale, come tutto il complesso, oggi abitato dalle famiglie Pazielli di cui sono proprietarie dal 1870, data in cui è stato soppresso il convento dei PP. Domenicani di Santa Maria della Quercia. L’interno è ad unica navata, con pareti lisce e abside affrescata con dipinti datati 1495 ed un unico altare a parete. Del totale della chiesa, per il culto è rimasta solo un quarto dell’antica chiesa. Il resto è stato trasformato in magazzino. Il soffitto è a volta e la pavimentazione in cotto.

 

Chiesa o cappella di Santa Maria Assunta della Tenuta Pasciuta.

La piccola chiesa è situata nella tenuta Pasciuta sulla strada degli orti. Risale al 1950 e faceva parte della Tenuta Massarella o Mozzarella, dell’avv. Pasciuta. L’interno è ad unica navata, con pareti lisce e intonacate ed un unico altare al centro. Oggi di proprietà privata.

Chiesetta o cappella di Sant’Antonio (Strada Umiltà)

è situata sulla strada dell’umiltà prima delle acque minerali. La cappella è stata realizzata nel 1889 e restaurata più volte dalla Pia Unione Sant’Antonio. L’ultimo restauro risale ad ottobre 2001, come riportato nella targa affissa all’interno.

Chiesa del Cimitero dei Frati giardino San Tolomeo

è situata all’interno dei giardini del convento della chiesa di San Tolomeo. Si scende per un piccolo sentiero fino ad arrivare sulla parete della forre, dove è scavata la piccolo chiesa.

Chiesa parrocchiale di Sant’Andrea o del Rosario

era dì fronte all’attuale chiesa di San Tolomeo. Si trattava di una parrocchia di ridotte dimensioni affidata all’Ordine dei Frati Predicatori Domenicani. Era una delle più antiche della città, demolita all’inizio del 1600 a causa della sua decadenza e sostituita dall’attuale chiesa di San Tolomeo. Nella chiesa erano contenuti numerosi quadri che andarono persi durante la demolizione.  I fedeli vennero affidati ai frati Domenicani che officiavano San Tolomeo. Nella foto sottostante, l’altare della chiesa di sant’Andrea trasferito nella chiesa di San Tolomeo prima della demolizione. Anche la tela del Santo Rosario fu trasferita nell’odierna cappella di Santa Giuliana da Firenze della nuova chiesa di San Tolomeo. La tela di forma ovale, raffigurava al centro la figura della Beata Vergine Maria, contornata da quindici piccoli tondi ciascuno raffigurante un mistero. Successivamente venne spostata dalla compagnia del Santissimo Rosario, nell’odierna cappella della Madonna della Vittoria, ma dopo l’ultimo spostamento avvenuto dopo la seconda guerra mondiale, della tela si sono perse le tracce.

Chiesa di San Giorgio

della quale rimase una copia del quadro del Santo. Era situata in località San Giorgio. La prima notizia della sua esistenza si rileva dal testamento fatto il 2 dicembre 1468 da Lorenzo Recchia, che destina due ducati e centosessanta cantoni per la fabbrica di San Giorgio. Dietro la chiesa era in costruzione un ospedale: il 4 ottobre 1470 Perna di Marchione, nepesina, dona parte del terreno di una sua vigna confinante, perché l’edificio abbia più spazio a disposizione. Anche tal Fiorentino, il 30 novembre 1499, lascia due fiorini per la manutenzione della chiesa. Ma il 21 maggio 1542 il Comune riceve dal duca Pierluigi Farnese l’ordine di demolirla assieme alla chiesa della Madonna dell’Immagine. E in realtà il 31 agosto successivo viene pagato certo Lello Pirotto, che per due giorni ha lavorato a smantellarne il tetto. L’opera però non fu condotta a termine, infatti il visitatore apostolico, nel febbraio 1574, trovò la chiesa di San Giorgio funzionante e l’adiacente ospedale gestito da una attiva confraternita. Nel 1581 la confraternita mise ì propri locali a disposizione dei monaci Silvestrini per una prima dimora provvisoria, e nel 1584 questi vi aprirono un piccolo monastero per opera di Cesario Onori. Verso la fine del cinquecento o all’inizio del seicento (1607), per le cattive condizioni climatiche il monastero venne abbandonato e i monaci si trasferiscono all’interno del paese. I locali rimasero di proprietà della confraternita di San Giorgio. Il 3o Marzo dell’anno 1710 il culto al glorioso Martire S. Giorgio era molto alto e in tanti luoghi, i Popoli dimostrano la loro divozione per il patrocinio di questo grande Eroe, come nella Città di Nepi dove, l’Eminentissimo Cardinale Casale Diacono di S. Giorgio devotissimo di questo glorioso Santo, fece accordare quei Communisti, che, sborsassero scudi cento per il restauramento della Chiesa di S. Giorgio nella loro Città di Nepi. Nel 1823 San Giorgio esisteva ancora ed era di proprietà del Comune, che il 21 settembre di quell’anno stanziò 10 scudi per eseguire i restauri. Non si sa quando e perché sia stata rasa al suolo.

Chiesa della Madonna dell’Immagine o di Santa Maria

Era una chiesa di grande interesse per tutti i nepesini e custodiva un dipinto, raffigurante la Vergine Maria, Madre di Gesù, tanto antico e tanto venerato che era detto semplicemente l’Immagine, la Madonna dell’Immagine. Era il riferimento per quanti a Nepi avevano una bestia da soma, in particolare per i vetturali, possessori del più comune animale per il trasporto delle merci: l’asino. Fino agli inizi del secolo scorso la festa della prima domenica di maggio era ancora conosciuta con l’indicazione di “Madonna dei Somarari” e tra le manifestazioni includeva anche un’allegra corsa a premi non con i cavalli, ma con i somari. Si trovava sulla sinistra di via Selciatella, dalle parti dell’inizio di via del Concio, tra i terreni di Brunetti e Bennicelli. Trovandosi fuori le mura, subì la sorte di tante altre e con l’ordine emanato dal duca Farnese il 21 maggio 1542, fu demolita. Nella chiesa di San Pancrazio fu eretto il solenne altare, che ancora si può ammirare. Purtroppo l’immagine in un recente intervento di restauro ha subito pesanti ritocchi.

Chiesa di San Pancrazio

Era una delle più antiche chiese di Nepi. Apparteneva alla Confraternita della B. V. M. Sorgeva accanto al convento delle monache di San Bernardo. Viene citata in un contratto “a terza generazione” del 921 appartenente al monastero dei SS. Maria e Biagio di Nepi, “… usque in bia publica qui pergit ad sanctum Prancatius”. Viene ricordata in una investitura del 1397 di cui era patrono Giacomo Orsini fu Giordano. Cambiò titolo nel 1542, poichè la dopo la demolizione della chiesa della Madonna dell’Immagine fuori le mura per ordine di Pierluigi Farnese, il quadro della Madonna venne portato nella chiesa, che prese il nome di Madonna dell’Immagine. La chiesa continuò a svolgere un ruolo importante per la pietà cristiana del popolo nepesino. Nel 1620, in seguito alla costruzione del monastero femminile di Nepi, venne affidata alle monache cistercensi di San Bernardo da Chiaravalle, e prese il nome di Chiesa di San Bernardo.

Chiesa dei Santi Cosma e Damiano

Era situata all’imbocco di via delle Colonnette, davanti alla rocca. Viene citata in dei documenti del XIV e XV secolo. Fu demolita durante i lavori intorno alle fortificazioni, promossi dai Borgia (1455 – 1503) e proseguiti dai Farnese (1539 – 1545). All’epoca della visita apostolica (1574) restava ancora in piedi l’abside con le immagini dei santi titolari. In seguito fu ordinata la demolizione anche della parte superstite, innalzando sul luogo, a ricordo della sacralità, una semplice croce. La chiesa viene nominata in un documento insieme alla chiesa di San Pancrazio all’Isola: “ecclesia castri “, riferimento che costituisce, un terminus post quem è il contratto di locazione in favore del monastero romano dei SS. Cosma e Damiano in Mica Aurea del castello e dell’annesso mulino risalente all’anno 989. Nelle foto sotto il possibile luogo dove sorgeva la chiesa.

Chiesa di Santa Anastasia

Sorgeva a fianco dell’edificio municipale sulla nuova via XIII settembre, la cui costruzione fu iniziata dai Farnese, tra il palazzo Sansoni, all’imbocco di via Garibaldi, e il palazzo Pisani. E’ citata in un documento del 1177. Era chiesa parrocchiale, ma, data la sua esiguità e povertà, già all’epoca della visita apostolica la gestione era affidata al parroco del Duomo. Fu smantellata per fare spazio alla strada di collegamento tra la Cassia Cimina e la Flaminia sotto Civita Castellana, inaugurata nel 1789. Nella foto sotto il possibile luogo dove sorgeva la chiesa.

Chiesa di Sant’Anna

Apparteneva alla Parrocchia di San Gratuliano. Era unita all’omonimo ospedale, che era destinato ad accogliere le partorienti in difficoltà. Nel 1530 l’ospedale, risalente a prima del 10 dicembre 1396 (primo documento conosciuto), fu trasformato in monastero: iniziato da tre suore carmelitane provenienti dal monastero di Sutri, che ancora esiste, fu chiuso nel 1568, come ricorda la visita apostolica del 1574, perché i locali non si adattavano alle norme emanate dal recente concilio di Trento. Successivamente nel 1602, i monaci silvestrini costruirono sul luogo l’attuale chiesa del Carmine e il loro monastero, inglobandovi tutto il complesso preesistente: se ne vede ancora la porta di ingresso nella parete sotto il campanile. Da alcuni ricordi, la festa di S. Anna, si celebrava il 26 luglio in Santa Croce: la chiesa si riempiva di donne con un bambino in braccio o attaccato alle gonne. Una parte degli arredi, ad es. una tela raffigurante Sant’Anna, fu sistemata nella chiesa di Santa Croce. Nella foto in bianco e nero vediamo il campanile di sant’Anna divenuto poi il campanile del Carmine. In basso due tele provenienti dalla ex chiesa di Sant’Anna, raffiguranti la Madonna custodito ora nella chiesa del Carmine e l’altro Maria Vergine bambina con Sant’Anna e San Gioacchino che era custodito nel convento di San Bernardo delle monache cistercensi, ora si trova nel monastero cistercense di Santa Susanna a Roma.

 

Chiesa di San Marcello

Era situata sulla strada Selciatella, la contrada tra Ponte Presso, Ponte Nepesino, La Massa e Monte Bianchello, conserva ancora il nome di “San Marcello”. Al di là del Ponte Nepesino la zona è denominata “Castellaccio”, ma in antico era detta semplicemente “Castello di Ponte Nepesino”, non è dato sapere se la chiesa fosse unica per i due nuclei abitati. Pagava le decime, secondo quanto registrato dagli esattori papali nel 1278; contribuiva ai fondo comune per l’assistenza del clero, come risulta dalla quota versata al vescovo Pietro Nelli il 9 maggio 1397. Dopo il terremoto del 5 dicembre 1456 il territorio del Castello di Ponte Nepesino fu diviso in tre parti: due furono assegnate al Comune, una a Paolo Petucchi di Nepi, che ne entrò in possesso il 28 ottobre 1457. Con le rendite della chiesa di San Marcello fu eretto un canonicato, che ancora esiste, nel duomo di Nepi. Sui terreni affiorano ancora resti dell’insediamento. Nella foto sotto il possibile luogo dove sorgeva la chiesa.

Chiesa di San Francesco

Era ubicata sulla strada, che, uscendo da Nepi, conduceva verso la sorgente della Piegara e la Massa (dalle parti della località Cardinale). L’indicazione si trova per la prima volta in un documento del 9 settembre 1397, dove si nomina la chiesa e si aggiunge che la zona circostante prende la stessa denominazione. In un atto del 1592 viene ancora menzionata la contrada “San Francesco” sulla strada che va alla sorgente della Piegara, detta ora del “cardinale”, ed alla Massa. L’origine della chiesa non sembra dipendere dalla presenza dei frati minori, che si stabilirono a Nepi solo nel 1460. In quell’anno fu loro donato dal vescovo un terreno, nella parte opposta della città, in contrada Falisca, e fu affidata la cura della chiesa di San Tolomeo fuori le mura. Si può, invece, pensare che la sua esistenza sia legata al terzo ordine secolare di san Francesco, di cui conosciamo qualche iscritta, come suor Rosola di Matteo Pucciarelli. Questa il 16 settembre 1459, nel dettare il testamento, dichiara espressamente di essere monaca, ossia “pinzoca” della terza regola di San Francesco, ed esibisce la licenza per poter fare testamento, rilasciatele da Suor Maddalena De Bondiis di Roma, allora “ministra” del terz’ordine femminile. La chiesa fu demolita nel 1542, in seguito agli ordini del Farnese, il quadro in tela, che ornava l’altare, fu trasferito a spese del Comune in San Pancrazio, dove ancora si trova.

 

Chiesa di San Pancrazio al Castello dell’Isola Conversina

Era la chiesa parrocchiale dell’antico borgo che sorgeva sul pianoro dell’isola detta Castello o Selva dell’Isola Conversina, vicino alla tenuta Casale, sulla strada falisca che da Nepi conduce a Fàleri. Nella notte tra il 4 e il 5 dicembre 1456 Nepi e il suo territorio furono colpiti da un violento terremoto, che, in due scosse della durata sufficiente a recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria (come scrive il notaio Angelo di Giovanni di Cola Forte), danneggiò gravemente la città e rase al suolo le abitazioni del Castello di San Marcello, di Ponte Nepesino e di quello dell’Isola. In quest’ultimo si vedono ancora le macerie di molte case e i ruderi della torre e della chiesa, che si affacciano su un grande spiazzo. L’Isola divenuta un bosco, entrò a far parte dei terreni dei Celsi. Ora il sito è conosciuto come “macchie dei Floridi”. La chiesa aveva l’asse maggiore disposto in direzione est-ovest, a pianta rettangolare con terrninazio- ne absidata. Ciò che sopravvive della struttura è, unicamente, il lato meridionale ed il settore sud-occidentale dell’abside. La parete meridionale misura 735 m. ed ha uno spessore di C. 60 cm. Si tratta di una muratura omogenea quanto a materiale (blocchi del caratteristico tufo rosso a scorie nere), ma irregolare quanto a disposizione: blocchi di tufo misuranti, mediamente, 33×30 cm sono legati fra loro da letti di malta compresi tra i 0,5 cm. e i 4 cm., al fine di compensare l’irregolarità dei blocchi. L’abside si ammorza, perfettamente, alla suddetta parete e quale particolarità nella tessitura muraria mostra un avviamento della parte superiore tramite una modanatura in peperino (a 6. 2 m. di altezza) ed una conseguente disposizione dei filari, indubbiamente più regolari, un po’ arretrata. Ciò potrebbe imputarsi ad una messa in opera successiva come, d’altra parte, lasciano intendere, nell’angolo sud-orientale superiore i giunti di malta ben lisciati e di un grigio più intenso. Sempre nel medesimo angolo è visibile una parasta di C. 25/26 cm di larghezza e di C. 5 cm di spessore. Da ultimo l’abside va a morire su un blocco informe di tufo. L’interno presenta quali particolarità una finestra ad 85 cm dall’angolo sud-est di 0,9 1 x 1,22 m., e nell’angolo due nicchie: una quadrata al cui interno sono visibili gli alloggiamenti per uno sportellino, ed una semicircolare. Finalmente la chiesa era costruita da ambienti sotterranei preesistenti all’intero complesso. Unico elemento del materiale appartenente alla chiesa un blocco in peperino di forma quadrangolare con scanalatura semicircolare interna. Il pezzo è ritenuto, comunemente, una finestra della chiesa, ma non è escludibile che possa trattarsi, a nostro parere, di un arredo liturgico, quale un’acquasantiera. Quanto alla dedicazione della chiesa a S. Pancrazio, martire sotto Diocleziano (284-305) non è nuova in ambito nepesino; basti ricordare la citazione, in un contratto “a terza generazione” del 921 appartenente al monastero dei Ss. Maria e Biagio di Nepi.

 
 

Chiesa di San Sebastiano

Eretta fuori le mura, nelle vicinanze del fosso di Rio Falisco. Sul davanti s’apriva una piccola piazza e nella parte retrostante una forma convogliava le acque, sia piovane che di scolo dei terreni, verso lo stesso fosso. Aveva due porte, ma un solo altare con la figura del santo. Nella lunetta della porta principale era dipinta l’immagine del SS.mo Salvatore. La chiesa era officiata dalla confraternita maschile, denominata appunto di San Sebastiano, la quale, oltre ad assistere i malati nelle frequenti epidemie, aveva una cura particolare per l’infanzia abbandonata: è frequente la spesa per il trasporto di “mammoli” esposti davanti alla porta della chiesa. La festa di san Sebastiano era celebrata, come da calendario, il 20 gennaio, ma alla chiesa facevano capo anche due processioni: una nella terza domenica di febbraio, l’altra la seconda domenica di maggio. Non si conosce il valore e il significato di queste processioni, come pure il motivo delle principali offerte, che il popolo recava a questa chiesa: pane, uova, lino. Nel mese di agosto 1540, secondo le disposizioni del duca Farnese per la difesa della città, l’edificio fu demolito. Rimase la parete di fondo con l’altare e l’immagine del santo, che la confraternita provvide a ricoprire con una piccola tettoia. Nel 1561 il dipinto fu trasferito nell’altare, appositamente costruito nella chiesa di San Pancrazio, il quale, assieme a quello dì san Francesco, passò in seguito sotto la tutela del Comune. Nell’affresco sono raffigurati San Sebastiano martire a protezione dei malati e dei bambini che venivano attaccati dai lupi che salivano dalle forre, san Rocco protettore delle malattie nel periodo della peste, san Marco protettore degli allevatori e in alto la Madonna. Il quadro presenta la torre con il serpente, stemmi di Nepi a ricordare che il quadro e l’altare appartenevano al municipio.

Chiesa di San Gordiano

è attestata nei documenti dal 1498. E’ sempre detta rurale e non doveva essere molto distante dalle mura di Nepi, ma abbastanza lontana, se non si trova menzione di essa nell’ordine di demolizione emanato da parte del duca Farnese. Sono anche ricordati alcuni rettori di questa chiesa fino al 17 ottobre 1558, quando, immettendo nel possesso il nuovo rettore, è asserito chiaramente che l’edificio stava deperendo. Non si possiede alcun elemento per capire in quale località campestre fosse ubicata.

Chiesa di San Lorenzo

Era situata a circa sei chilometri dalla città, sulla antica strada falisca per Civita Castellana, esiste una contrada che conserva tuttora la denominazione di “San Lorenzo”. Nella stessa località è stata rinvenuta intorno agli anni ’60 del novecento, durante lavori di aratura, un’iscrizione dedicatoria, che è il documento più antico (a. 1107) relativo ad una chiesa intitolata al Martire Romano. Nel 1297, il registro delle Decime ricorda un Raniero, arciprete di san Lorenzo, circostanza questa che potrebbe far supporre l’esistenza della chiesa e di un piccolo centro abitato. Ma esattamente cento anni dopo, nel 1397, il patrono della chiesa, Giacomo Orsini, signore di Nepi, tramite il suo vicario Tommaso Benincasa di Fabrica, presenta come rettore l’onesto giovane Pietro di ser Antonio di Nepi, appena iscritto all’ordine clericale con la prima tonsura. Nello stesso documento la chiesa è indicata come situata nel distretto di Nepi, fuori della cinta muraria, ma vicina alla porta romana.

Chiesa dei Padri Agostiniani con la Madonna della Cintura detta della Libera

La chiesa attualmente non esiste più, se non una cappella all’interno della chiesa di San Pietro con l’immagine della Madonna della Cintura in tavola, opera del 1530 fatta dipingere in occasione della peste a Nepi. Questa pintura, rendesi pregevole per la sua antichità, è mediocre in relazione a quei tempi. La sua espressione è energica, senza grazie, forte e tetra. È affatto priva di quella morbidezza lusinghiera, ed attraente. Attribuita a Pittori della Scuola Tedesca, contemporanei ad Alberto Duro di stile gotico austerissimo.

Chiesa di San Gratigliano o Graciliano

Era parrocchia di San Gratigliano, situata nelle vicinanze della Chiesa di san Biagio. Si trovava nel terreno tra via di Porta Porciana e via San Silvestro, praticamente annessa al palazzo dei Floridi. Viene citata per la prima volta da Benedetto del Soratte prima dell’anno 954, il quale dichiara che esisteva la cella di San Gratigliano di proprietà di Alberto II, principe e senatore romano, detta “celle S.Gratiliani cum sua pertinentia intra Civitate Nepesine”. Aveva la cura delle anime di una parrocchia, che però deve essere stata molto piccola. All’epoca della visita apostolica non esisteva più: con gli introiti spettanti alla parrocchia era stato eretto in duomo un altare dotato di prebenda canonicale. Viene citata in un documento del 1395. Appare in un atto del 12 novembre 1469, in cui Matteo fu Lello Vannoli di Nepi, promette ad Antonio del fu Giuliano, canonico e rettore della Chiesa di San Gratigliano in Nepi, di costruire un muro nell’orto della Chiesa che, iniziando dal segno di una croce fatto sulla parete della casa dello stesso Matteo, si innalzava fino alla tribuna della chiesa, dove si doveva fabbricare un solaio, (et supra solarium facere et murare novem fila), per poi coprire il tutto con un tetto. L’8 aprile 1578 a Bracciano, nella contrada Capocroce, presso l’abitazione di Leandro Pagnotta e della moglie Sancta viene chiamato il notaio Scipione Folchi per redigere un contratto di matrimonio. A casa di Leandro Pagnotta, più volte Priore di Bracciano, possidente di terreni agricoli e di bestiame (buoi, vacche, scrofe, cavalle aromatarie e cavalli da basto) si trovava anche il signor Perseo figlio di Domenico Floridi di Nepi che già nel 1575, con un patto “pro verba”, aveva promesso di sposare Panphilia Pagnotta ed ora era là per gli accordi definitivi di matrimonio. Presenti, come testimoni, furono Antonio Magnante, Stefano Pagnotta e Francesco Perilli tutti di Bracciano; mentre l’atto venne sottoscritto dai testimoni Biasio del fu Grimaldi da Visso e da Mastro Sebastiano Castagnaro (maniscalco di Paolo Giordano Orsini). Nel documento si cita, come dote, una casa posta nella parrocchia di San Gratigliano a Nepi. Di questa chiesa si hanno notizie anche nel 1520 e poi ancora nel 1666. Nel 1601 viene nominata come diruta. Precisamente questa Chiesa esisteva dove presentemente era situato l’orto di proprietà dei Sigg. Floridi, contiguo alla casa. Poiché nel 1763, avendo fatto vangare quel terreno, si aprì un sepolcro ripieno di ossa umane. Nella foto sotto il possibile luogo dove sorgeva la chiesa.

Chiesa di Sant’Agata

Era situata nei dintorni dell’insediamento rurale ponte Nepesino, oggi detta Castellaccio, dalle parti della Chiesa dell’Umiltà ma dalla parte opposta. Viene citata in documenti del 1297, durante le lotte tra la famiglia Colonna e Bonifacio VIII. “Chiesola longa palmi romani settantacinque (16,80 m.), e larga di vano palmi dicinove (4,25 m.) con tribunetta, che mostra esservi stato un altare in parte sepolta tra detti archi, dimostranti ingressi di quel recinto, fino al Ponte Nepesino vi è la distanza di 22 catene, e mezza che sono un quinto di miglio, …”. Viene citata in un documento del XIII secolo quando un Certo “Presbitero Petro” di Ponte Nepesino, paga per il quarto anno le decine alla mensa Vescovile Nepesina. (Battelli, 1946 n° 3732). Non possediamo altra notizia per ora, di una certa data, se non questa delle decime sessennali (1274 – 1280), che ci consente di ipotizzare l’esistenza di “un’Ecclesia Castri” a Ponte Nepesino. Nella foto sotto il possibile luogo dove sorgeva la chiesa.

Chiesa di San Valentino (Filissano)

Era situata all’interno della contrada e insediamento rurale di Filissano. Distrutta in epoca remota forse durante la costruzione del palazzo baronale (XIII-XIV secolo). Nella foto sotto il possibile luogo dove sorgeva la chiesa.

Chiesa di Castel Porciano

Era situata all’interno della contrada e insediamento rurale di Castel Porciano. Costruita tra il 1275 e il 1350 durante un periodo di espansione, che probabilmente coincide con l’apparizione dell’ospedale di Santo Spirito come signore e l’instaurazione di un legame definitivo con Roma. In questo periodo viene riorganizzato l’insediamento, gli edifici primitivi vengono in gran parte demoliti, viene costruito un muro perimetrale con case e una chiesa.

Chiesa di Santa Maria

Era situata all’interno dell’insediamento rurale del Castello di Fervillianum o Servilianum. Il piccolo insediamento medievale di santa Maria o Castelvecchio, con i resti di una torre, di una chiesa e annesso convento, nella valle del Treja. Nel secolo ottavo durava tuttavia un Fundus Mer cut ianus. Nelle affittanze di Gregorio II trovansi un Campus Veneris, e terreni appellati Eostilianum, Porcianum, Coccejanum, Pompilianum, Servilianum e perfino Lucretianum (nel territorio Gabinate). Il fondo denominato Servilianum, viene ricordato nel Registro Di Cencio Camerario, inserito dal Muratori Ant. Med. Aevi T. V., in un aggregato di fondi che costituiva la Massa Calciana. Distrutta in epoca remota non si sa nulla di questa chiesa.

Chiesa di Castel Nuciglianum o Roncigliano

Era situata all’interno dell’insediamento rurale del Castello di Nuciglianum. La chiesa e il Castello di Nucilianum o Roncigliano o Nocilianum o Nucilgianum o ancora Nutiglianum, era situata in un’area fittamente coperta da vegetazione boschiva, nella zona della macchia di Roncigliano, vicino alla mole di Maggiorana, fra i centri di Campagnano Romano, Nepi, Mazzano e Magliano Romano dove ancora esistono i ruderi dell’abitato medievale di Nucigliano, detto anche castello di Roncigliano. Il territorio è oggi nei due quarti di Roncigliano e Ronciglianello. La restituzione del castrum Nucilianum fatta da Bonifacio VIII, con un atto del Codex Diplomaticus S.Sedis del 1295, a Mattia e Giacomo fratelli Arlotti, figli del fu Giovanni, cittadini romani, essendosi prima ribellati gli abitanti di quel castello, sotto la protezione degli Anguillara (Reg. Bonf. VIII, I ep. 124 f.197). Durante la controversia, il papa fece custodire Nucigliano dai suoi ufficiali, dimostrazione dell’autorità esercitata dal pontefice sul territorio di Nepi. Tra le memorie nepesine, questo castello, il cui sito è dato dal Galletti nella pianta annessa a Capena; è citato su un documento del 1369, su Campagnano (Cod. Vat. 7950, f. 64; Cod. 8029, f. 166, 172). La località appare nella prima tassazione del sale per 10 rubbi; la sua distruzione e il suo abbandono, di cui si ignorano i motivi, dovettero avvenire tra la fine del XIV e l’inizio dei XV secolo, in quanto già nella seconda tassazione, quella del 1416, è fra le terre “destructe et inhabitate”. Il 13 gennaio 1445 la terza parte del castello di Nucigliano fu acquistata con un atto dal monastero di S. Paolo per legato di Simodea Orsini. Alla fine del XIII sec. la Chiesa e il castello di Roncigliano che in questo periodo passa ai conti Anguillara tra il 1373/76 e il 1400. Nel 1426 il castello passa ad Everso Secondo Anguillara che si pose in guerra contro il papa, il suo territorio andava da S. Severa a Cerveteri, occupava tutta la diocesi di Sutri e parte di quella di Nepi, Carbognano e Vallerano, non riuscendo però a prendere Viterbo, nel 1463 si ritirò nei suoi feudi dove l’anno seguente morì. Nel 1465 con un pretesto Paolo II scomunicò i figli Francesco e Deifobo e occupò tutti i castelli degli Anguillara. I Biscia il 14 maggio 1601 comprarono dalla Camera Apostolica la tenuta di Ronciglianello per 7.000 scudi. Nel 1669 comprarono la tenuta dell’Agnese da Michelangelo Mazzapiota di Castel S. Elia e l’ampliarono da 120 a 150 rubbie. Intanto, nel 1613 i beni furono assegnati al Duomo di Nepi. Nelle carte del Lazio del XVII secolo si rinviene la scritta di Nuncigliano diruto e non si sa più nulla di questa chiesa.

Chiesa di Castel del Pero

Era situata all’interno dell’insediamento rurale di Castel del Pero, sulla strada per Mazzano nella valle del Pero, tra la macchia di monte Gelato e la Mola Maggiorana. Distrutta in epoca remota non si sa nulla di questa chiesa.

Chiesa di Santa Agnese

Era situata all’interno dell’insediamento rurale di Castello di Santa Agnese, situata vicino a Castel d’Ischia a circa 2 km verso il monte Soratte. Alla fine del XIII sec. il castello dell’Agnese apparteneva alla famiglia di Vico e nel secolo successivo passerà ai Colonna. Sul fosso Cerreto, presso la contrada ancora oggi detta dell’Agnese, che va dai 188 ai 230 m d’altitudine. Il territorio di Sant’Agnese si trova fra quelli di castel S.Elia e Castel Fogliano a nord e quello di Calcata a sud. Appare in un elenco di fondi della città di Nepi. Distrutta in epoca remota non si sa nulla di questa chiesa.

Chiesa di Castel Volinianum,

Era situata all’interno dell’insediamento rurale del Castello di Volinianum (villa) o Bulinianum, zona rurale tra il territorio di Nepi e Calcata. Viene nominata in un documento che riguarda il Voliniano del 1007-1008. (Tabularium S. Mariae im via Lata – I-XXVIII). “In nomine, domini Dei Salvatoris nostri lesa Xsti. Tempore domini lohannìs summi pontifici et universali octaìndecimi pape in sacratissima sede beati petri apostoli quinto mense decemher indictione sesta. Quoniam certum est me atria sereni (?) et petrum et iohannes et henedictu omnes insiniul filìis vo memoria iectìo abitatori in bilia quae appellatur volinianu territorio nepesino hac die propria spontaneaque nostra vone voluntatis cessisse et concessisse bendedisse et benundabimiis tibi benedictu et vonia iugalis tua vestrisque heredibus consentiente nobis domna Theodora abbatissa et domna gualdrada insimul vel cui bobis largire aud concedere placueriiis. Idest benundo tibi unum petiìim de binea in cesine qa palione abentes ipsa binea in una fronte ordini biginti sepie et in alia fronte ordinis biginti nobe ipsa binea omnia et in integra cum introito et exoito suo et cum omnia ieneraliter in integra a se pertinentihus qui est inter affines ex omnibus lateribus tenientà monasterio scu Larius (Laurentius ?) infra isti finis ipsa binea omnia et in integra benundabimus tibi unde recepimus pretium nos benditori da vobis emtori de argento monitatos solidi septe in omnem bero decisionem et ad odiernam diem in vestra vestris heredibus sit potestate abeatis teneatis possideatis benundare et donare commutareque etia exinde facere sibe peraiere volueritis in vestrum vestris heredibus sit potestate set in onini loco in omni placito ad omnem insurgentem personam ubi vobis vestris heredibus necesse vel opus fuerit ad promiitimus facere nos cum heredihiis nostris et nos cum heredihiis nostris et defendere promittimus si nos defendere noluimus and non potuimus adpromittimus componere cum heredihus nostris vobis vestris heredibus ante omnis litis initìum pene nomine ipsu pretiu in duplum et ac karta in sua manead firmitate scripta per manum Johannes nobile biro et tabellio civitatis nepesine anno mense indictìone ssta + Signum atriae iugalis de vom iectio et Petrus fìlio suo et iohannes et benedictus germani fratribus qui ac karta venditionis rogabit + theodora ancilla dei et abbatissa qui in charta consensit + gualdirada umilis abbatissa qui charta consensit + pretia ancilla dei in ac charta consensit + signum manus stefanus sutrinu testes + signum manus sicelnio fìlius rosa bulimartiana testes + signum manu petru bucacipu testes + ego ioannes nobile biro et tabellio civitatis Nepesine complebi et absolbi”. Distrutta in epoca remota non si sa nulla di questa chiesa.

Casale dei Frati al Cardinale

Si trovava in località cardinale dietro il Villino Formica.  Era di proprietà dei Frati di San Pietro e in società con l’Arcipretura e la Camera Apostolica. Del casale si possono ancora vedere i ruderi.

Chiesa o cappella Rocca dei Borgia

era situata nella parte sinistra del primo piano, all’interno della corte del castello dei Borgia. Ad oggi rimangono solo ruderi.

 

Chiesa di San Nicola

è citata per la prima volta in un documento del 1494, di dove si trovasse non si hanno notizie. Si sa soltanto che sorgeva nelle vicinanze di San Biagio.

Chiesa di Santa Maria Maddalena

è citata per la prima volta in un documento del 1463, di dove si trovasse non si hanno notizie.

Chiesa di Santa Maria Assunta

Situata in località acqua fresca, l’odierna località XXX miglia.

Chiesa di San Secondo

è citata per la prima volta in un documento del 1177, di dove si trovasse non si hanno notizie.

Chiesa di Santo Stefano

è citata per la prima volta in un documento del 1177, di dove si trovasse non si hanno notizie.

Chiesa di San Paolo

Citata per la prima volta dal Tomassetti III, pag. 144, di dove si trovasse non si hanno notizie.

Chiesa o cappella dell’Immacolata

Era situata all’interno del Palazzo Vescovile, risale al XIX secolo. Era damascata e al suo interno si trovava un piccolo quadro raffigurante la Madonna.

Chiesa o cappella del Beato Giovannangelo Porro

E’ situata all’interno del Palazzo del convento dei frati Servi di Maria. Ancora esistente l’altare. Dedicata al Beato Giovanni Angelo Porro, sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria di Milano, che, priore del convento, tutti i giorni di festa stava fermo sulla porta della chiesa o si aggirava tra i vicoli per radunare i fanciulli e insegnare loro la dottrina cristiana.

Chiesa di San Leonardo

Si trovava nella zona di settevene, è citata per la prima volta in un documento del 1177 in cui risulta che la Chiesa di S. Leonardo e Casa di S. Spirito fu donata al monastero di Castel Sant’Elia. Nel XIII secolo invece viene menzionata una chiesa dedicata a San Leonardo sempre a Settevene in una bolla di Nicolò V (1288-1292) a favore dell’ospedale di Santo Spirito in d’Assia di Roma.

Chiesa di San Martino e Valentino

In località settevene, era situata dalle parti della chiesa di Sant Antonio. Si tratta di un ambiente all’interno del casale ottocentesco di Settevene, sulla via Cassia, ormai in completo stato di abbandono. E’ citata per la prima volta in un documento del 1177. Una delle prime testimonianze dell’esistenza di questa chiesa la troviamo nella bolla di papa Alessandro III (1159-1181) all’abate Bonifacio del monastero di S. Elia dove si legge: “Ecclesiam San Valentini et Sancti Martini apud septem Venas juxta stratam”…. Della chiesa rimane una stanza rettangolare inglobata dentro tutto il complesso di case, con sullo stipite della porta e sul muro dei frammenti marmorei. L’ambiente, ha un orientamento est-ovest ed è pianta pressoché rettangolare. Sulla parete meridionale presenta un ingresso con piattabanda sormontata, a sua volta, da un arco di scarico. La muratura, visibile solo a tratti, è costituita da materiale vario appartenente a periodi diversi. Viene riportata anche dal Tomassetti nella fine del XIX secolo. Nella foto sotto il possibile luogo dove sorgeva la chiesa.

Chiesa del Cimitero Vecchio o dell’Ossario

è situata alla fine della via del Cimitero, dall’interno del cimitero vecchio. Struttura realizzata insieme al vecchio cimitero, detta anche dell’ossario, poichè nella parte bassa della chiesa sono contenute le ossa di molti defunti.

Chiesa del Cimitero Nuovo

è situata alla fine della via Protomartiri D’Occidente, di fronte al cimitero nuovo. Struttura di moderna concezione realizzata insieme al nuovo cimitero.

Chiesa del Santissimo Crocifisso

è stata costruita l’8 settembre 1963 ed è situata all’interno dell’ex Seminario Vescovile di Nepi. Nel pianterreno rialzato sul lato sud-ovest. Aveva un altare di marmo-breccia, con il tabernacolo del SS. Sacramento, con sopra un crocefisso dell’artigianato della Val Gardena. Realizzata come tutto il complesso dall’ing. Pintonello. E’ stata modificata nel 1983. Ad oggi non più usata.

Cappella della Casa di Riposo di Nepi (RSA)

è stata costruita all’interno dell’RSA di Nepi. Ad oggi è ancora usata.

Cappella privata palazzo Celsi di Nepi

era situata all’interno del palazzo Celsi di via Garibaldi. Fu fatta costruire da Ascanio Celsi. L’accesso alla cappella era tramite una porta ad oggi murata nella stanza delle divinità ma con all’ingresso una piccola acquasantiera. La Cappella è stata ristrutturata nel 1871 dalla famiglia Sili, come raffigurato dallo stemma sopra l’ingresso. La Cappella, aveva una volta rettangolare con raffigurati i simboli degli evangelisti San Luca (Toro), San Marco (Leone), San Giovanni (Aquila) e San Matteo (Angelo) e altri simboli sacri. Le pareti erano affrescate con raffigurazioni sacre, mentre sopra l’altare era raffigurata la colomba, simbolo dello Spirito Santo. Ad oggi una parte è stata usata per la scalinata e l’altra ricoperta in gran parte da carta da parati.

Cappella privata palazzo Sansoni di Nepi

è situata all’interno del palazzo Sansoni di via Garibaldi. La cappella con altare in marmo è in parte affrescata, al suo interno possiamo trovare la statua di Sant’Antonio e un dipinto raffigurante Gesù che porta la Croce.

Cappella privata palazzo Pisani di Nepi

era situata all’interno del palazzo Pisani dell’odierna via XIII settembre. La cappella aveva un suo sacerdote. In questo palazzo, nel 1805, fu ospitato  Papa Pio VII di ritorno da Parigi per l’incoronazione dell’Imperatore Napoleone I. Nel 1814 liberato dalla prigione di Fontainebleau vi pernottò prima di rientrare a Roma.

Altre chiese

Si sa di altre chiese nel  territorio nepesino e specialmente nelle zone rurali limitrofe, ma di queste non si hanno notizie certe. Ci sono anche delle grotte eremitiche nella Valle Suppentonia tra il territorio di Nepi e di Castel Sant’Elia, servite agli eremiti come rifugio nel V-VI secolo.

Ricerche effettuate da

Pietro Palazzini

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