Nepi: La flora – Alberi, arbusti e piante da frutto.

Alberi e arbusti:

  • Cerro (Quercus cerris): è una quercia delle grosse dimensioni appartenente alla famiglia delle Fagaceae. E’ una pianta longeva, che può raggiungere i duecento anni di età e arrivare fino a 35 metri di altezza Essa è nota nelle zone appenniniche per gli immensi boschi. In passato veniva utilizzato sia internamente che esternamente nelle disfunzioni degli organi sessuali maschili e femminili e per cui impiegata per ristabilisce il ciclo mestruale, sia in difetto che in eccesso. Nella corteccia, nelle ghiande e nelle foglie sono presenti tannino, acido gallico, pectina, quercina (principio amaro). La droga esercita azione stimolante sull’ attività sanguigna ed è un efficace astringente interno non che decongestionante. Era indicata in caso di diarrea e dissenteria causate da affezioni alla cistifellea o al fegato, di disturbi osteo-articolari, sangue dal naso, ferite, infiammazioni dell’uretra; usata anche contro la raucedine, angina, faringite e catarri. Anche la sua corteccia è ritenuta astringente, decongestionante, emostatica, antidiarroica, febbrifuga. In primavera sulle sue radici, vicino al tronco, si trovano piccoli globi all’esterno rossi, all’ interno bianchi e quasi lattiginosi; l’insieme di questi globi veniva chiamato “uva di quercia” ed anche queste hanno proprietà astringenti. L’uva di quercia si raccoglieva in primavera e si faceva seccare all’ ombra per polverizzarla e usarla in caso di dissenteria ed emorragie. Il carbone di gemme e corteccia è indicato nelle malattie renali, mentre il carbone di legno veniva polverizzato ed usato contro il diabete e la tubercolosi. Le foglie masticate erano ritenute efficaci contro l’acidità di stomaco. Le ghiande tostate al forno e macinate venivano impiegate per catarri intestinali e dissenteria e usate finanche come surrogato del caffè. La medicina popolare usava il “macerato” è questo era ottenuto lasciando a macero per 5 giorni, una manciata di polvere di ghiande fresche in 50 grammi di alcol e 450 grammi di acqua. Questo macerato era consigliato in caso di nefrite (infiammazione dei reni) bastava assumerne l0-l5 gocce al giorno. Il decotto di corteccia (la corteccia doveva essere di rami giovani di non più di 2 anni e raccolti all’inizio della primavera), l0 grammi bolliti per mezz’ ora in 200 cc di acqua, rappresenta un ottimo rimedio contro diarrea, emorragie gastro-intestinali, avvelenamenti da tabacco. Il vino medicinale invece si prepara lasciando a macero un pugno di corteccia spezzettata per 8 giorni in un litro di vino rosso e 50 grammi di alcol; la quantità prescritta è di l – 2 bicchieri al giorno, in caso di tubercolosi.

 

  • Quercia (genere Quercus, famiglia Fagaceae): Sono alberi, talora arbusti, con foglie persistenti o caduche, a volte “semipersistenti” quando la caduta è ritardata alla primavera dell’anno successivo. In fitoterapia, della quercia si utilizzano ghiande, corteccia, gemme, amenti e radici; si ricavano per lo più tannini condensati (catechine, ellagitannini, proantocianidine), in una percentuale stimata tra l’8 e il 20%. Ancora, dalla quercia si ricavano quantità variabili di resine, pectine e flavonoidi. Per la particolare composizione del fitocomplesso, la quercia viene impiegata in fitoterapia soprattutto nel trattamento di diarree ed infiammazioni lievi a carico delle mucosa. Anticamente, l’impiego della quercia a fini medici era incentrato per lo più sull’ingente quantità di tannini, come antifebbrile ed antiemorragico. Tuttora considerata per il fitocomplesso a base tannica, la quercia viene sfruttata per le qualità astringenti, antisettiche (disinfettanti), vasocostrittrici, antivirali ed analgesiche, seppur blande. I tannini di quercia sono particolarmente adatti nella cura di emorroidi, ragadi anali e fistole, proprio in virtù della capacità cicatrizzante, antisettica e vaso-costrittiva di queste molecole. Alcuni consigliano l’impiego dell’estratto di quercia per trattare disturbi di varia natura, quali geloni, iperidrosi (in particolare, di mani e piedi), ipersecrezione sebacea del cuoio capelluto e per trattare problemi di forfora. Assunto per os, l’estratto di quercia trova impiego nel trattamento di diarree aspecifiche e come stomachico. Le gemme di quercia sono impiegate per regolarizzare la funzionalità intestinale, come tonico e stimolante negli stadi di convalescenza e, da ultimo, contro l’astenia sessuale. La valenza terapeutica astringente ed antinfiammatoria nel trattamento di leucorree è ascritta, invece, alle radici giovani ed alle ghiande di quercia.

 

  • Leccio: rappresenta il principale protagonista del paesaggio vegetale dell’Italia mediterranea. Erano boschi sacri agli Etruschi e ai Romani. E’ un albero spesso maestoso, alto fino a 20-25 metri, a chioma ampia e densa e tronco massiccio. In condizioni ambientali sfavorevoli può assumere un portamento arbustivo. E’ una sclerofilla sempreverde e perciò le foglie, cuoiose, sono persistenti e vivono mediamente 2-3 anni. Il leccio ha anche delle proprietà curative. Nella medicina popolare, le ghiande erano consumate cotte, crude o tostate. Hanno un forte potere astringente e antisettico e rallentano le emorragie. Le ghiande sono ricche di fibre e proteine ma anche di carboidrati, sali minerali e vitamine del gruppo B. Possiedono dunque un notevole potere antiossidante. Essendo prive di glutine, diventano alleate preziose di chi soffre di celiachia. Favoriscono la digestione e proteggono il cuore. Una leggenda delle isole ioniche vuole che il leccio fu l’unico albero che, dopo la condanna a morte di Cristo, non si ribellò a prestare il proprio legno per la costruzione della croce. Per questo motivo, i boscaioli delle isole temevano di contaminare l’ascia toccando “l’albero maledetto”, simbolo vegetale di Giuda.

 

  • Pioppo (genere Populus, famiglia Salicaceae): Sono arboree a legno tenero e a rapido sviluppo, di dimensioni e di forma variabile a seconda che siano prodotte dai ricacci (detti “turioni”) o dall’albero adulto.I costituenti dell’albero di pioppo sono derivati glicosidici (salicina, salicortina), derivati benzenici (tremuloidina, populina), tannini, trisaccaridi, triterpeni, grassi e resine. In fitoterapia vengono utilizzate le gemme e la corteccia, ricavate da esemplari di almeno due o tre anni. Sia le gemme che la corteccia vanno fatte essiccare al sole o in ambienti opportunamente ventilati. Conosciuto sin dall’antichità per le sue virtù terapeutiche, il pioppo ha proprietà antisettiche, espettoranti, digestive, febbrifughe, toniche, vulnerarie e diuretiche. Rappresenta, dunque, un ottimo alleato nei casi di bronchite, dermatosi, febbre, reumatismi, screpolature, intossicazioni, meteorismo, indolenzimento e nevralgie. In campo cosmetico, il pioppo viene impiegato come ingrediente di trattamenti lenitivi ed emollienti. Contro la tosse e, in generale, contro i fenomeni influenzali, può essere utile un decotto a base di pioppo. Per prepararlo, procuratevi 20 grammi di gemme e lasciatele bollire in 1 litro di acqua per circa un’ora. Il decotto va assunto nella misura di una o due tazzine al giorno fino alla completa scomparsa dei sintomi. L’unguento di pioppo è, invece, un rimedio medicamentoso antiemorroidale. Lasciate macerare 20 grammi di gemme e 10 grammi di giusquiamo all’interno di una ciotola contenente etere alcolico, sufficiente per amalgamare il composto. Trascorse sei ore, aggiungete 80 grammi di grassi e riscaldate sul fuoco a bagnomaria. Mescolate finché l’alcol non sarà completamente evaporato. Filtrate e fate raffreddare. L’unguento dovrà essere applicato sulla zona interessata.

 

  • Acero: Assieme ai Frassini e ai Tigli, gli Aceri (famiglia Aceraceae) vengono annoverati dai forestali tra le latifoglie “nobili”, sia per il legno, che riveste notevole interesse economico, che per la loro eleganza. L’acero è uno dei legni più utilizzati per la costruzione di strumenti musicali. In particolare è molto utilizzato per costruire manici di chitarra elettrica o fasce laterali, fondo e manico per gli strumenti ad arco, nonché strumenti a percussione, in particolare i tamburi. L’acero è una pianta mellifera, molto visitata dalle api per il polline ed il nettare, ma il miele mono florale d’acero è raro. Le sue foglie vengono utilizzate come foraggio. Possiede proprietà lievemente anticoagulanti, aiuta nella prevenzione delle calcolosi e nelle cure successive alle manifestazioni di Herpes zoster; il decotto di corteccia è usato anche come rinfrescante intestinale. Antiche credenze popolari conferivano all’acero proprietà magiche contro le streghe, i pipistrelli, e la sfortuna. Il decotto di corteccia è utilizzato negli eritemi della pelle; alcune persone usano aggiungere all’acqua del bagno, un pugno di corteccia tritata per rinfrescare la pelle. Lo sciroppo d’acero è un liquido dolce che si ricava dalla linfa di due varietà di acero: l’Acer saccharum (acero da zucchero) e Acer saccharum nigrum (acero nero). La linfa dell’acero si estrae in primavera (marzo-aprile) poi si fa bollire in modo da ricavare lo sciroppo. Lo sciroppo d’acero è ricco di proprietà e sostanze benefiche per il nostro organismo. Spiccano soprattutto al suo interno sali minerali come potassio, calcio e ferro ma anche vitamine e acido malico. Si tratta quindi di un prodotto che da una parte è remineralizzante ed energizzante e dall’altra depurativo e drenante. Ottimo alimento poi per assicurarsi una certa dose di antiossidanti che aiutano a combattere l’invecchiamento cellulare e aiutano il benessere della pelle. Lo sciroppo d’acero aiuta il sistema digerente e quello intestinale, ha poche calorie ed è alleato anche di chi sta a dieta in quanto riattiva la termogenesi dei grassi (ovvero ha doti brucia-grassi). Si tratta di un prodotto naturale apprezzato anche per il suo indice glicemico medio, che è inferiore a quello di altri dolcificanti.

 

  • Tiglio (Tiliaceae): è una pianta arboree con foglie decidue, semplici, a margine crenato-dentato. I fiori sono riuniti in infiorescenze cimose i cui peduncoli portano lateralmente una caratteristica brattea allungata e appiattita. Le foglie del tiglio sono commestibili così come fiori e germogli. Dal punto di vista alimentare, del tiglio si impiegano soprattutto foglie, germogli e fiori. Le foglie del Tiglio migliori per il consumo sono quelle giovani, prodotte agli albori della primavera. Si distinguono perché lucide, tenere e dal sapore delicato: sono molto più piccole di quelle adulte. In cucina si consumano crude in insalata, da sole o miscelate con altre specie di insalata. Anche le foglie adulte sono commestibili, si usano sempre crude ma solo dopo aver eliminato la nervatura centrale più dura. Di solito, le foglie adulte si consumano in insalate miste o per farcire panini. Le foglie di tiglio, oltre a essere diuretiche, contengono mucillagine e pertanto sono ideali, una volta cotte, per addensare minestre e minestroni. Per sfruttare le proprietà addensanti delle foglie di tiglio, conviene raccogliere gli ultimi 10 cm dei germogli in accrescimento, eliminando l’eventuale parte fibrosa.

 

  • Acacia: L’albero di acacia raggiunge un’altezza fino a 25 metri. Le foglie, in realtà, sono costituite da con 11-21 foglioline più piccole e ovate non dentate lunghe fino a 6 cm, queste foglioline sono aperte di giorno mentre di notte tendono a sovrapporsi. I fiori di acacia sono commestibili, vengono infatti consumati fritti impanati in una pastella dolce (acqua, farina e zucchero). L’acacia è conosciuta come una pianta officinale molto utile in ambito di rimedi naturali e fitoterapia. Gli estratti della pianta svolgono attività antisettica, antinfiammatoria, astringente e antitumorale.

 

  • Orniello (Fraxinus ornus): è una pianta della famiglia delle Oleaceae (conosciuto come Orniello o Orno e chiamato volgarmente anche frassino da manna o albero della manna nelle zone di produzione della manna), è un albero che può superare i 10 metri di altezza, ma viene spesso rigovernato a cespuglio. Il frutto è una samara oblunga, cuneata alla base, ampiamente alata all’apice, lunga 2-3 cm e con un unico seme compresso di circa un centimetro.
    Della pianta si usano le radici, la corteccia dei rami giovani, le foglie, i frutti, le gemme e la manna. Si è già accennato alla manna; le radici essiccate danno una droga ad azione diuretica; la corteccia, anch’essa essiccata, ha proprietà eupeptiche, toniche (decotto), febbrifughe e antidiarroiche (polvere); le foglie e i frutti sono diuretici, antireumatici e lassativi (infuso); le gemme raccolte fresche in primavera danno un macerato con azione benefica biliare, renale, anticellulitica e antigottosa. Le foglie secche e triturate poste in infuso con acqua bollente, forniscono il tè di frassino, quelle fermentate con acqua e saccarosio, si usano per preparare bevande alcoliche. Il succo estratto dopo incisione della corteccia (manna) viene usato come blando lassativo in pediatria.

 

  • Ontano: L’ontano nero o ontano comune (Alnus glutinosa), è una pianta arborea del genere Alnus nella famiglia delle Betulaceae. Il decotto di corteccia, utilizzato per gargarismi, era considerato un efficace rimedio per le infiammazioni della gola. Le foglie di ontano in età antiche erano usate in caso di crisi di epilessia, ricoprendo il malato denudato, con foglie secche di ontano ed avvolgerlo poi in una coperta. Questo trattamento provocherebbe una sudorazione intensa che dovrebbe agire in sinergia con le foglie di ontano per calmarlo. Si raccomanda, poeticamente, di raccogliere le foglie più succulente in primavera, in luoghi molto esposti alla rugiada del mattino per avere il massimo dell’efficacia.
    Oppure, per le donne, le foglie di ontano venivano usate per interrompere l’allattamento e per curare tumori alle mammelle. Per questo bisogna tritare le foglie, farle scaldare finché non ne fuoriesce un liquido da applicare poi sui seni diverse volte al giorno. Soprannominata la “china indigena”, la corteccia dell’ontano nero era raccomandata per le febbri intermittenti. Il legno di ontano è oleoso, pur marcendo in fretta a contatto con l’aria, diviene estremamente duro nell’acqua e quindi imputrescibile e per questo può essere usato per edificare su terreni acquitrinosi. La sua corteccia serviva anche per la conciatura e la tintura nera di cappelli e pelli.

 

  • Olmo o Ulmus (famiglia Ulmaceae) Possono raggiungere 25–30 m di altezza; le foglie sono decidue, semplici, ovoidali a margine seghettato e con la lamina fortemente asimmetrica. I fiori sono ermafroditi, con ovario supero e riuniti in infiorescenze. Il frutto è una samara. e caratteristiche proprietà attribuite sin dall’antichità all’olmo sono quelle depurative, astringenti, sudorifere, disinfiammanti delle mucose e, in particolare proprietà cicatrizzanti. Le parti utilizzate dell’olmo sono principalmente la corteccia e le foglie da cui si ottengono i rimedi naturali quali tisane, tinture madri, gemmoderivati e altri estratti. I principali principi attivi sono sostanze tanniche, flobafeni, fitosferina, minerali come potassio e silice ed inoltre principi amari. La mucillagine ad esempio è ricca di speciali tannini ed è contenuta in particolare nelle radici. Queste speciali mucillagini sono in grado di aderire come un film sulle pareti intestinali proteggendole e rigenerandole, per questo l’olmo è un rimedio molto utile per i problemi gastrointestinali. Aiuta inoltre a sciogliere ed espellere il muco e le tossine purificando la superficie di vari organi promuovendo così lo svolgimento delle loro funzioni nel migliore dei modi. Generalmente si assumono decotti mucillaginosi di corteccia di olmo, in grado di alleviare i disagi dovuti ai malanni che attaccano gola e intestino e di lubrificare la mucosa. Anche il gemmoderivato di olmo campestre è indicato come utile rimedio contro l’acne perché è capace di regolarizzare la produzione di sebo. Il dosaggio sono 30 gocce in due dita di acqua, da prendere lontano dai pasti per 2 o 3 volte al giorno. Le mucillagini tanniniche dell’olmo sono ottime da applicare anche come gel su piccole ferite, abrasioni e punture: grazie al potere cicatrizzante e antinfiammatorio, il corpo ne trarrà giovamento. Inoltre il decotto può essere utilizzato per impacchi esterni sempre a scopo di aiutare la guarigione della pelle in presenza di acne, eczemi, dermatiti ed herpes.

 

  • Salice (genere Salix), appartiene alla famiglia delle Salicacee. Originario dell’Europa, Asia e Nord America, comprende più di 300 specie tra alberi, arbusti e piante che arrivano fino ai 20 metri di altezza.. L’estratto di corteccia grazie al suo principio attivo, la salicina, è stato impiegato nello sviluppo dell’aspirina, essendo le sue proprietà antidolorifiche e antinfiammatorie conosciute già nell’antico Egitto e poi descritte dal grande Ippocrate nel V secolo. Veniva impiegato principalmente per la cura del mal di testa, degli stati febbrili e dolori articolari. Studi dimostrano l’efficacia indipendente della salicina come antinfiammatorio. La Scuola medica salernitana, come già Dioscoride, attribuiva al salice proprietà antiafrodisiache. Lo sciroppo, il decotto, il vino medicato, la polvere ricavata dall’essiccazione della corteccia di ramoscelli di 2-3 anni, hanno proprietà astringenti, curative del reumatismo cronico, antisettiche e febbrifughe. Il decotto per uso esterno viene utilizzato per irrigazioni, impacchi e bagni antireumatici. Il decotto degli amenti fioriti raccolti in marzo-aprile ha proprietà calmanti e anafrodisiache. Il carbone vegetale ricavato dal legno ha proprietà assorbenti e carminative.

 

  • Faggio (Fagus sylvatica, famiglia Fagaceae): Le specie afferenti al genere Fagus, diffuse nelle zone temperate dell’Europee, rivestono grande importanza forestale ed economica per gli svariati usi del legname. • Il decotto di giovani radici raccolte in primavera o in autunno è anticonvulsivo. Il decotto di corteccia raccolta preferibilmente in primavera spezzettata ed essiccata ha proprietà febbrifughe, astringenti e svolge un’azione mirata sui reni quindi risulta indicata per insufficienza renale, litiasi renale e obesità da ritenzione idrica. E’ ottimo contro febbre, affezioni polmonari, come enfisemi, infezioni della bocca e patologie dell’apparato gastro-intestinale.
    Stimola le cellule epatiche, si mostra un efficace diuretico e un efficace stimolante renale. Rimedi a base di corteccia di Faggio si sono rivelati eccellenti nella riduzione del livello di colesterolo nel sangue. Per distillazione del legno si ottiene il creosoto, liquido oleoso con odore acuto di fumo e sapore fortemente aromatico, che viene utilizzato come disinfettante ed espettorante. Le faggiole sono commestibili e sono usate in alcune ricette tradizionali, se ne può ricavare un olio per pressatura.

 

  • Albero di Giuda o di Giudea (conformemente alla denominazione francese arbre de Judée) o siliquastro (Cercis siliquastrum, L. 1758) è una pianta appartenente alla famiglia delle Fabaceae (o Leguminose) e al genere Cercis. Il siliquastro si presenta come un piccolo albero caducifoglie e latifoglie alto fino a 10 metri e più spesso come arbusto. Cresce molto lentamente. in particolare, la pianta sarebbe legata all’episodio presso il quale, sotto questo albero, lo stesso Giuda Iscariota avrebbe dato il famoso “bacio” traditore a Gesù e, più tardi, tormentato dal rimorso, vi si impiccò. I fiori sono commestibili e possono essere usati in cucina nella preparazione di ricette. Come le altre leguminose, è una pianta in grado di fare azotofissazione, cioè cattura azoto dall’atmosfera e grazie a dei batteri situati nelle radici lo rilascia nel terreno, arricchendolo. Il siliquastro però ha anche un ampio uso in fitoterapia, dove vengono utilizzate soprattutto le sue gemme, le quali vengono macerate per preparare dei medicinali utili contro la trombofilia. Altri stati patologici nei quali è consigliato l’uso delle gemme di albero di Giuda sono l’arteriosclerosi e la trombosi retinica, oltre che il morbo di Burger, una malattie che colpisce vene, arterie e nervi, soprattutto di chi fuma molto.

 

  • Sughera (Quercus suber): o quercia da sughero, è un albero sempreverde della famiglia delle Fagacee. Originaria dell’Europa sud-occidentale e dell’Africa nord-occidentale è da tempi remoti naturalizzata e spontanea in tutto il bacino occidentale del mar Mediterraneo, molto longeva e può diventare plurisecolare. La sughera ha un portamento arboreo, con altezza che può raggiungere i 20 metri e chioma lassa ed espansa. La vita media è di 250-300 anni, diminuisce negli esemplari sfruttati per il sughero. La caratteristica più evidente di questa specie è il notevole sviluppo in spessore del ritidoma, che non si distacca mai dalla corteccia, formando un rivestimento suberoso detto in termine commerciale sughero.

Piante con bacche o drupe

Vi sono molte altre piante con frutti, bacche e drupe commestibili e non che non abbiamo citato. Ne elenchiamo alcune.

Alcune bacche non vanno ingerite in quanto tossiche ma vengono utilizzate in farmacologia e per i preparati fitoterapici.

 

  • Castagno: Il castagno europeo, in Italia più comunemente chiamato castagno, è un albero appartenente alla famiglia delle Fagaceae. La castagna è il frutto del castagno a differenza della castagna dell’ippocastano che invece è un seme. Le castagne derivano infatti dai fiori femminili (solitamente 2 o 3) racchiusi da una cupola che poi si trasforma in riccio. Da tempo immemorabile la gente si è difesa da alcune malattie, curandosi con foglie e corteccia del castagno. Le castagne sono frutti molto nutrienti, energetici e per l’alto contenuto in sali minerali hanno proprietà remineralizzante. Sono un buon tonico per i muscoli, i nervi e il sistema nervoso, combattono l’anemia, favoriscono la digestione, sono antisettici. La corteccia e le foglie hanno una forte attività astringente, disinfettante e agiscono anche come leggeri sedativi, disinfettanti per le vie respiratorie superiori, contro la caduta dei capelli, la forfora, la tosse stizzosa e prolungata. Le parti utilizzate sono le foglie raccolte prima della fioritura (aprile, maggio) e la corteccia raccolta in primavera e autunno. L’infuso delle foglie si può usare come sedativo della tosse e antisettico delle vie respiratorie, preparando e immergendo nell’acqua bollente 20gr. di foglie per litro di acqua, berne due o tre tazzine il giorno. Altri rimedi che venivano usati in tempi passati, erano: il brodo ristretto delle castagne secche come espettorante nelle raucedini, tossi e bronchiti, mentre il passato di castagne era efficace per le diarree infantili. Per calmare pelli irritate, si prepara un decotto con 60 gr. di corteccia per ogni litro di acqua, che si usa per lavaggi o per inumidire compresse da applicare sulle parti arrossate per circa 15 minuti. Come disinfettante della pelle e delle muscose, facendo un infuso con 60 gr. di foglie per litro d’acqua. Contro la lombaggine, bollire in mezzo litro d’acqua, per 10 minuti 50 gr. di scorza dei rami, fare impacchi caldi poi indossare pancera di lana. La castagna macinata, insieme con l’aceto e farina d’orzo, era usata contro il gonfiore dei seni. Per dare riflessi color rame ai capelli scuri, preparare un decotto, bollendo per 10 minuti un pugno di bucce di castagne, aggiungendo negli ultimi tre minuti qualche foglia di alloro, da utilizzare dopo lo sciampo per risciacquare i capelli.

 

  • Ippocastano o Castagna d’India (Aesculus Hippocastanum):
    Le “castagne matte” o “castagne d’ India” sono i semi tondi e lucidi dell’Ippocastano, pianta dal bel portamento molto utilizzata lungo i viali o nei parchi pubblici per la folta chioma e l’esuberante fioritura primaverile. Le belle capsule rotonde e verdastre (il vero frutto), ricoperte da corti aculei, si aprono in due o tre valve e possono contenere uno o più semi: le castagne matte appunto. ATTENZIONE vietato cibarsene perché tossiche per l’uomo data l’alta percentuale di saponine e altre sostanze tossiche. Le false castagne, opportunamente trattate e pesate, possono variare la dieta di ovini, caprini, bovini e suini. L’acqua saponata, ottenuta con la macerazione o la bollitura in acqua piovana delle castagne matte pelate e triturate, si utilizza per sbiancare tessuti ingialliti. Sembra poi che questi semi, infilati in uno spago e appesi negli armadi, possano essere tanto decorativi quanto efficaci antitarme.

 

  • Nocciolo: Alberello delle Corilacee ( Corylus avellana ), con corteccia grigio-bruna provvista di lenticelle, foglie decidue semplici, ovali, rugose, seghettate ai margini, fiori in amenti e frutti a noce ( nocciola ) circondata da brattee fogliacee, campanulate; endemico in Italia allo stato selvatico. I frutti di questa pianta sono le nocciole, che si trovano in genere in gruppi da 2 a 4. In erboristeria viene utilizzato come depurativo, febbrifugo, antiinfiammatorio, astringente. Il suo gemmoderivato dona elasticità ai tessuti polmonare ed epatico ed è quindi indicato in caso di asma, bronchite, insufficienza epatica e per ristabilire la salute di questi organi. Per uso interno si prepara un decotto con 2 gr di foglie in 100 ml di acqua. Se ne bevono 2-3 tazze al giorno per migliorare la funzionalità dell’apparato vascolare, per le infiammazioni intestinali e come depurativo dell’organismo. Per uso esterno si utilizzano 5 gr di corteccia in 100 ml di acqua per preparare un decotto. Questo viene poi applicato imbevendo delle compresse di cotone o tessuto sui vasi superficiali dilatati con azione astringente.

 

  • Bagolaro (Celtis australis), chiamato anche romiglia, spaccasassi o albero dei rosari, infatti i suoi semi erano utilizzati per costruire il rosario. È una pianta spontanea appartenente alla famiglia Ulmaceae. Il bagolaro è un grande albero, è un caducifoglia e latifoglia, alto sino a 20–25 m anche se l’altezza media è di 10–12 m. Il tronco è abbastanza breve, robusto e caratterizzato (in età adulta) da possenti nervature, con rami primari di notevoli dimensioni, mentre quelli secondari tendono a essere penduli. La chioma è piuttosto densa, espansa, quasi perfettamente tondeggiante. Presenta delle radici robuste che gli consentono di sgretolare le rocce, da qui il nome Spaccasassi. I frutti sono delle drupe subsferiche di circa 8–12 mm. Dapprima di colore giallo o grigio-verde chiaro, con la maturazione divengono scure. Sono eduli, di sapore dolciastro, ma la polpa è scarsa. Si può ricavare una confettura dalle bacche; queste vanno messe in una pentola fonda e coperte con dell’acqua fredda, che deve risultare almeno tre dita al di sopra delle bacche; si aggiunge la metà del peso in zucchero ed il succo di un limone. Si porta a cottura con moderazione; quando l’acqua è dimezzata si frulla con un mixer ad immersione e si filtra. All’inizio dell’autunno (settembre-ottobre) le sue bacche dapprima verdi si scuriscono con la maturazione e diventano brunastre. L’uomo che ne apprezza il profumo ed il sapore assai gradevole, anche se la polpa è scarsa. Principi attivi del bagolaro sono tannini e mucillagini. Le foglie del bagolaro per il loro contenuto in costituenti attivi, hanno buon potere astringente, rinfrescante e lenitivo che si esplica utilmente nei casi di diarree, enteriti e leggeri infezioni intestinali. Le proprietà suddette sono altrettanto utili per mitigare le infiammazioni del cavo orale e della gola, tra cui gengiviti e faringiti, mediante sciacqui e gargarismi da ripetersi con costanza durante l’arco della giornata. Decotto per disturbi apparato intestinale: 2 g. in 100 ml d’acqua, 2-3 tazzine al giorno; per gargarismi fare decotto con 5 g. di foglie in 100 ml d’acqua. Avvertenza: per evitare effetti collaterali, usare sempre sotto controllo medico.

 

  • Olivo o ulivo (Olea europaea) è un albero da frutto dalle grandi proprietà. Fu utilizzato fin dall’antichità per l’alimentazione. Le olive, i suoi frutti, sono impiegati per l’estrazione dell’olio di oliva e, in misura minore, per l’impiego diretto nell’alimentazione. A causa del sapore amaro dovuto al contenuto in polifenoli appena raccolte. Gli estratti di Olea europea, sotto forma di gemmoderivato, tintura madre e, soprattutto, estratto secco titolato e standardizzato delle foglie, hanno evidenziato una discreta attività antidislipidemica, vasodilatatrice e ipotensiva (nelle ipertensioni arteriose borderline), oltre a quella antiflogistica. L’olivo è un’erba officinale e un’erba medicinale. L’olio extravergine, innanzitutto, è sia alimento che medicina: per uso interno, è un blando lassativo e calma le irritazioni intestinali; berne un cucchiaio al mattino è una valida cura per le emorroidi, mentre farne gargarismi tonifica le gengive e aiuta la pulizia dei denti. Per uso esterno, le proprietà emollienti dell’olio si apprezzano anche nella preparazione di oleoliti, creme e pomate, infatti la sua capacità di penetrare nella pelle ne fa un ottimo veicolo per i principi attivi di altre piante. Altre valide cure si ricavano dalle foglie e dalla corteccia dei rami giovani. Le foglie si possono raccogliere tutto l’anno, la corteccia in primavera e autunno; entrambi si fanno essiccare e si conservano in sacchetti di carta o tela. L’infuso, il decotto e la tintura madre di foglie, per uso interno, svolgono un’azione ipotensiva, febbrifuga, astringente e antiinfiammatoria, mentre per uso esterno favoriscono la cicatrizzazione e tonificano i vasi capillari. Infine, tra i fiori di Bach, Olive è il rimedio per chi soffre di esaurimento e profondo affaticamento psichico e fisico: così come, nella simbologia degli alberi, esso rappresenta la pace e la forza, la saggezza e l’attaccamento alla vita.

 

  • Mandorlo: La pianta di mandorlo presenta delle foglie dalla forma lanceolata e con uno spessore davvero molto limitato, che ricordano per molti versi quelle della pianta di pesco.I fiori della pianta di mandorlo si caratterizzano per avere tipicamente una colorazione bianca rosata e per il fatto che la fioritura è davvero molto abbondante e si verificare prima del periodo in cui spuntano le prime foglie. Il frutto della pianta di mandorlo si caratterizza per avere una forma tipica ovale piuttosto allungata, al cui interno si trova la mandorla: in relazione alla varietà che viene presa in considerazione, la mandorla potrà avere un gusto molto dolce oppure amaro e così anche le dimensioni del frutto possono variare notevolmente. Le Mandorle dolci contengono oltre il 50% di lipidi, costituiti in massima parte da grassi insaturi e polinsaturi, un’alta percentuale di proteine, vitamine E, B1, B2, carboidrati, acidi grassi essenziali, un’elevata quantità di fibre, e diversi minerali, come magnesio, ben rappresentato, ferro, fosforo, potassio e il calcio, utilissimo per la calcificazione delle ossa. L’olio di Mandorle, ottenuto mediante pressatura a freddo, è un olio limpido, inodore, dal sapore dolciastro, utile sia per uso alimentare sia cosmetico. Per uso alimentare possiede proprietà lubrificanti ed emollienti intestinali, blandamente lassative per un fisiologico transito intestinale. Per uso cosmetico, sicuramente il più frequente, ha proprietà eudermiche, elasticizzanti, emollienti, addolcenti, nutrienti e lenitive, per la pelle del viso, del corpo e per i capelli. Le mandorle costituiscono un alimento energetico e ricostituente, consigliato particolarmente alle donne in menopausa e durante la gravidanza. È utile prevenzione contro i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari. La blanda azione lassativa dell’olio di mandorle è indicata per tutti, e in particolare quando sia necessaria un’azione delicata, dal lattante all’anziano, all’adulto, alle gestanti, e a chi ha un intestino sensibile e irritabile. L’olio di mandorle è utile per contrastare l’invecchiamento cutaneo del viso e del corpo, per nutrire e addolcire pelli secche, irritate o arrossate, per conferire alla pelle maggiore elasticità e morbidezza. Adatto per proteggere le labbra dal freddo e dal vento. L’olio di Mandorle è adatto come olio da massaggio specifico, per dolori articolari o per massaggi ai muscoli degli sportivi.

 

  • Noce: La noce è un tipo di frutto composto da un guscio duro e legnoso e da un seme, generalmente commestibile. Aiutano a tenere le arterie pulite, proteggendole da eventuali grassi saturi presenti in alcuni cibi come carni, insaccati e formaggi. Le noci, come buona parte della frutta secca, sono un’ottima fonte di energia e calorie per il minimo contenuto di acqua e la ricchezza di grassi: 100 grammi di noci fornisce 580 kilocalorie circa. Le noci, sono molto ricche di proteine e di vitamine, tra le quali A, B1, B2, B6, C, E oltre a contenere numerosi minerali come fosforo, magnesio, potassio, calcio, ferro, zinco e rame, elementi che solitamente attingiamo dalla carne : motivo questo che rende le noci particolarmente indicate in una dieta vegetariana. Hanno proprietà: antianemiche, antiossidanti, digestive, diuretiche, drenanti, energetiche, lassative, nutrienti, protettive per il sistema cardiocircolatorio, rimineralizzanti, vermifughe, oltre che utili nel combattere lo stress e la stanchezza. Detto anche frutto delle streghe. Secondo la leggenda, sembrerebbe che le streghe amassero riunirsi in convegno durante i Sabba presso un albero di noce, simbolo di forza e saggezza, per operare i loro riti magici.

 

  • Caco selvatico o loto o albero di Sant’Andrea (Diospyros lotus) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Ebenacee e al genere Diospyros. Il piccolo albero, con fusto eretto, ramificato nella parte medio-alta ha una chioma globosa e compatta. Il frutto è molto più piccolo della pianta di cachi o kaki (Diospyros kaki) che tutti conosciamo. Le sue foglie sono semplici, alterne con lamina da ovato-ellittica a lanceolata con breve picciolo (< 2 cm), apice acuto-acuminato, base arrotondata e margine intero. La pagina superiore decisamente più scura di quella inferiore è morbida al tatto. I Frutti sono delle bacche sferiche, di piccole dimensioni (1-2 cm), prima giallo-aranciate, poi bluastre, persistenti; commestibili dopo ammezzimento.

 

  • Ciliegio selvatico: Il ciliegio selvatico ha costituito fonte di nutrimento per gli umani per migliaia di anni. I nòccioli sono stati trovati in depositi archeologici appartenenti a insediamenti dell’età del bronzo in varie zone europee, inclusa la Britannia. In un caso sono stati trovati macro fossili di ciliegio selvatico tra i detriti di un villaggio della prima era del bronzo e della media età del bronzo e nei resti di un villaggio di palafitte che si trovava sulla riva di un vecchio lago a Desenzano del Garda o Lonato, vicino alla riva sud del Lago di Garda. I peduncoli o piccioli dei frutti ancora acerbi del ciliegio sono utilizzati contro la ritenzione idrica e come coadiuvanti nel trattamento della cellulite, per le loro spiccate proprietà drenanti, conferite dalla presenza nel fitocomplesso di grandi quantità di sali di potassio. Inoltre le mucillagini, i tannini, e i fenoli rendono la pianta un efficace rimedio antinfiammatorio delle vie urinarie, utile nel trattamento delle cistiti, uretriti e nefriti; e come diuretico, per eliminare gli acidi urici nella cura della gotta, dei calcoli renali e della renella.

 

  • Visciolo selvatico: Il ciliegio aspro, o ciliegio acido, è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rosacee e al genere Prunus. Il frutto del ciliegio acido è simile alla ciliegia del ciliegio dolce. Tra le varietà di ciliegio acido, si distinguono le seguenti, con frutti di diverso colore e diversa acidità. I frutti trovano largo uso in ambito culinario dove vengono usati per la produzione di sciroppi, confetture, frutta candita o sotto spirito e liquori come il vino di visciole, il maraschino e la ginjinha. Sono molto ricchi di vitamina C e Vitamina B. Anche le foglie trovano uso nella produzione di un liquore. Piatto tipico della cucina romana è la Crostata con marmellata di visciole.Particolare è l’uso dei peduncoli dei frutti che vengono raccolti a piena maturazione e lasciati essiccare al sole. Hanno proprietà diuretiche e sono considerati un sedativo delle vie urinarie. Si utilizzano, quindi, come potente diuretico, per cistite e per insufficienza renale. è un’erba medicinale.

 

  • Melo selvatico: Il frutto è un pomo globoso largo 2-4 cm, prima verde, poi più o meno arrossato. Nella medicina popolare le mele sono celebrate come rimedi contro il catarro, il diabete, la dissenteria, le disfunzioni biliari, la tosse, le infiammazioni, le infezioni, lo scorbuto, le verruche, addirittura i tumori; si riconoscono loro altresì doti battericide, depurative, digestive, diuretiche, rinfrescanti e toniche. I semi contengono modeste quantità di cianuro e possono causare avvelenamenti, anche gravi, se consumati in dosi abbondanti.

 

  • Pero selvatico: Il perastro o pero selvatico è una pianta appartenente alla famiglia delle Rosacee. Insieme a Pyrus caucasica è il progenitore della comune pera coltivata e venduta in Europa. Tuttavia è spesso difficile distinguere il perastro dal pero comune.  Il frutto ha forma campaniforme con diametro massimo variabile da 1 a 4 cm, di color giallo-verdastro, a volte con sfumature rosse. Matura nella tarda estate. La polpa è abbastanza dura e astringente, ma risulta sufficientemente dolce se il perastro viene raccolto a uno stadio di piena maturazione, immediatamente dopo la sua caduta a terra.

 

  • Albicocco selvatico: L’albicocca è il frutto dell’albicocco (Prunus armeniaca), appartiene alla famiglia delle Rosacee e al genere prunus, cui appartengono anche ciliegia, prugna, mandorla, pesca. L’albicocca è ricca di magnesio, fosforo, ferro, calcio e potassio, facendone un alimento irrinunciabile per chi è anemico, spossato, depresso e cronicamente stanco. La tradizione della medicina antica riporta l’uso del cianuro ricavato dall’albicocco e dai suoi frutti contro l’esaurimento, l’ulcera e il tumore. Secondo uno studio dell’Università di Padova, questo frutto è in grado di rafforzare il sistema immunitario umano e di prevenire il cancro e il tumore. Per trattare quest’ultimo viene tutt’oggi ricavata una sostanza, il Laetrile, che dovrebbe rilasciare cianuro solo legandosi ad un enzima attivo nelle cellule cancerose, che sarebbero così colpite, trattate e distrutte direttamente dal veleno.

 

  • Pesco selvatico (Prunus persica): è una specie della famiglia Rosaceae che produce un frutto commestibile chiamato pèsca. Le pesche fresche contengono in media: 82,96 di acqua, 9,28% di zuccheri (saccarosio e fruttosio), 0,72% di acidi líberi (per lo più acido citrico), 0,98% di sostanze azotate, 0,4% di pectina, 0,58% di ceneri. Nei semi è contenuta spessissimo amigdalina insieme con emulsina e quindi questi, mangiati, sono tossici per sviluppo di acido cianidrico; vi è inoltre un olio grasso (44-47%) simile a quello di mandorle.I fiori sono usati in medicina per le loro proprietà leggermente purgative e se ne fa uno sciroppo di fiori di pesco.

 

  • Alloro (Laurus nobilis, famiglia Lauraceae): E’ un arbusto o piccolo albero sempreverde. Le foglie, ellittiche o lanceolate, sono coriacee, con margine intero o ondulato. I fiori, piccoli e giallognoli, riuniti in ombrelle, sbocciano tra marzo e aprile. Il frutto è una drupa ovoide lunga 1 cm circa, nero-violacea a maturità. Utile in caso di disturbi allo stomaco e coliche, è usato per curare febbre e tosse. Scopriamolo meglio. La tisana è un rimedio efficace contro l’influenza, la tosse il raffreddore, febbre e i dolori dello stomaco. Dalle bacche si può ricavare un olio aromatico, l’olio laurino e con proprietà medicinali, ingrediente peculiare dell’antichissimo sapone di Aleppo. Veniva inoltre utilizzato per preservare libri e pergamene e per preparare le classiche coroncine d’alloro.

 

  • Corbezzolo (Arbutus unedo): viene chiamato anche albatro o, poeticamente, arbuto, è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Ericaceae e al genere Arbutus. I frutti vengono chiamati corbezzole o talvolta albatre. Ha portamento arbustivo e i suoi frutti sono costituiti da bacche rosse globose e rugose, larghe 2-3 cm di consistenza carnosa con polpa molle e granulosa di colore giallo. I frutti sono eduli, dolci e molto apprezzati. Hanno una maturazione che si conclude a ottobre-dicembre dell’anno successivo, quando si hanno i nuovi fiori. Si possono consumare direttamente, conservarli sotto spirito, utilizzarli per preparare confetture e mostarde, cuocerli nello zucchero per caramellarli. La radice di corbezzolo è fra i rimedi naturali per lenire le infiammazioni all’intestino e per calmare il mal di pancia. Il decotto di foglie e frutti è usato come antinfiammatorio, antisettico, e per curare le patologie del sistema muscolo-scheletrico, è usato anche come diuretico e depurativo.  Gli usi del corbezzolo si estendono alla cura delle patologie epidermiche, infatti viene usato come cicatrizzante, tramite applicazione diretta della corteccia.

 

  • Nespolo selvatico (Mespilus germanica): è un albero da frutto, appartenente alla famiglia delle Rosaceae e al genere Mespilus; esso viene anche chiamato nespolo germanico o europeo, ed il suo frutto è chiamato “nespola”. La polpa del frutto presenta gradualmente un gusto via via più dolce, anche se rimane una nota leggermente acidula, dovuta alla presenza di acido formico e acetico, e di solito viene mangiato togliendo il picciolo e risucchiando la polpa, trattenendo i semi al suo interno.  Solo quando sono molto mature, con la polpa morbida e quasi molliccia, non hanno più un sapore sgradevolmente aspro, ma piuttosto dolce con una leggera nota di amaro ed aspro.I tannini che rendono le nespole non commestibili prima della surmaturazione sono un prezioso ingrediente farmaceutico utilizzato nei preparati per alleviare i disturbi digestivi. Anche le foglie e la corteccia contengono sostanze utilizzate nella medicina. Le nespole mature, vengono consumate per dessert e con la trasformazione si ottengono marmellate, gelatine, salse e varie preparazioni culinarie. Inoltre vengono usate per la produzione di bevande alcoliche, quali brandy, liquori, schnaps. I frutti non maturi sono stati anche utilizzati per chiarificare vino e sidro. In cosmesi la polpa, dei frutti, riesce a normalizzare le pelli grasse. La polpa o il decotto dei frutti, soprattutto acerbi, esercitano un buon effetto astringente per le pelli infiammate. L’alto contenuto in acidi organici e tannini, inoltre, fa sì che con la polpa delle nespole, mescolata ad un cucchiaino di miele, si possa fare una maschera per il viso assai efficace per distendere la pelle. La polpa dei frutti acerbi è antiossidante ed astringente e anche le foglie sono astringenti. Al contrario , nel frutto maturo i tannini si trasformano in zuccheri e il frutto diventa un blando lassativo. I semi sono efficaci contro la litiasi renale e della vescica; è tuttavia necessaria cautela nel loro impiego perché contengono acido idrocianico, che è tossico. Tutti i trattamenti farmacologici e sanitari devono sempre essere eseguiti sotto stretto e diretto controllo medico. Nell’antichità il frutto era assai usato, insieme al cotogno, come astringente. Lo si utilizzava, quando la polpa è ancora verde, contro la dissenteria, il vomito e la nausea. Nella tradizione popolare i frutti, secchi e polverizzati, venivano impiegati contro i dolori di stomaco mentre il decotto dei frutti freschi, non ancora maturi, veniva somministrato nelle affezioni epatiche. La corteccia è stata utilizzata, con risultati incerti, come sostituto del chinino. Ancora oggi un decotto di foglie e frutti freschi è un utile gargarismo contro il mal di gola. La corteccia e le foglie, ricche di tannnino, possono essere impiegate nella concia delle pelli.

 

  • Nespolo del Giappone: I frutti sono delle drupe di colore giallastro chiaro, giallo o arancione, e sono immediatamente eduli. Essi contengono uno, due tre o quattro grossi semi che sono in peso una parte considerevole del frutto. La maturazione avviene in maggio-giugno, mentre la fioritura si ha in dicembre-gennaio. Sono usate come protezione dal cancro al colon, infatti sono particolarmente ricche di pectina, una fibra solubile, che agisce da lassativo e fa in modo da eliminare le tossine e ridurre l’esposizione delle mucose del tratto digerente ad eventuali sostanze tossiche che vi si possono accumulare. Come protezione dell’apparato cardiovascolare, poiché l’elevato contenuto di potassio, contribuisce all’equilibrio elettrolitico del sangue riducendo così i rischi di sviluppare malattie cardiovascolari. Anche le vitamine del gruppo A e B (in particolare folati) e altri minerali come ferro, manganese e rame contribuiscono a questo equilibrio. Inoltre aiutano a regolare la pressione sanguigna. Riducono i livelli di colesterolo nel sangue, proprietà data principalmente dalla presenza di fibre che legano l’eccesso di grassi nell’intestino impedendo che questi siano assorbiti. I frutti sono particolarmente ricchi di vitamina A, che ha effetto protettivo sulla retina contrastando la formazione dei radicali liberi con la sua azione antiossidante, migliorando la vista. Hanno un’azione antiossidante e proteggano quindi la pelle e le mucose dall’invecchiamento e dai danni causati da agenti esterni. Contribuiscono al rinnovamento delle cellule del sangue attraverso il magnesio, il manganese, il rame ed il ferro in esse contenuti, importanti minerali utilizzati nelle reazioni chimiche che portano alla formazione di nuovi globuli rossi nel sangue. Alleviano i problemi renali e sono consigliate nel caso di iperuricemia (elevati livelli di acidi urici nel sangue), gotta e calcoli renali. Agiscono infatti come diuretici favorendo l’eliminazione degli acidi urici attraverso le urine. Sono espettoranti cioè il loro estratto agisce da mucolitico; per questo motivo in fitoterapia è usato come rimedio per la tosse. Anche il decotto si può usare nel trattamento della tosse e come collutorio. Nella medicina tradizionale cinese le foglie sono usate per curare il mal di testa, il mal di schiena ed il vomito. Esse contengono inoltre numerosi acidi e composti polifenolici con proprietà antivirali. Le stesse foglie in cosmetologia sono utilizzate per produrre creme antinfiammatorie ed antirossori per la pelle.

 

  • Sorbo (genere Sorbus famiglia Rosaceae): sono alberi o arbusti caducifogli. I fiori, bianchi o rosei, sono riuniti in infiorescenze corimbiformi. I frutti sono dei piccoli pomi; le sorbe (o sorbole) del Sorbo comune, molto aspre quando sono acerbe, diventano gustosissime a completa maturazione. Attualmente il sorbo domestico viene considerato un frutto minore perché sono veramente pochi quelli che ancora consumano questa prelibatezza. Pensare che i romani ne andavano pazzi, erano soliti preparare sorbole sott’aceto oppure le cucinavano nel vino. La corteccia dell’albero ha proprietà astringenti e viene ampiamente usata per trattare la diarrea. Per contrastare la diarrea si può usare anche un infuso ottenuto dalle bacche. L’ infuso va bene anche per fare gargarismi contro il mal di gola. L’alto contenuto di composti con proprietà antiossidanti fanno di questo alimento un buon metodo preventivo per alcune patologie come ad esempio i tumori. Gli antiossidanti contrastano l’attività dei radicali liberi, sottoprodotti del metabolismo umano, pericolosi per la salute. L’alto contenuto di vitamina C stimola la produzione di globuli bianchi e rafforza il sistema immunitario. Come conseguenza, l’organismo diventa più reattivo nei confronti degli attacchi degli agenti patogeni. L’acido sorbico contrasta l’attività dei microbi e dei batteri, proteggendo l’organismo da possibili infezioni. La presenza di fibra alimentare aumenta la motilità intestinale, facilita la digestione e previene la stitichezza. Nella medicina tradizionale il suo succo è stato usato per curare l’infiammazione alle vie respiratorie ed il mal di gola. Queste proprietà sono da ricondursi ai composti antiossidanti che agiscono come agenti antinfiammatori. I semi contengono una sostanza chiamata glicoside cianogenico che a contatto con l’acqua produce acido cianidrico, un composto altamente tossico. Se assunti a piccole dosi possono apportare benefici alla respirazione, ma ad alte dosi possono procurare insufficienza respiratoria ed anche gravi complicazioni. Per questo motivo si raccomanda di eliminare i semi prima di utilizzare i frutti sia a scopo terapeutico che alimentare. Il consumo di una quantità eccessiva di frutti di sorbo può provocare il vomito, in particolar modo a quelle persone che non sono abituate al sorbo. In antichità sembra che utilizzassero le bacche per trattare le ustioni ed altre patologie. Con i fiori e le foglie di sorbo si può preparare il tè. Le bacche possono essere essiccate, tritate ed utilizzate come farina, mescolata ad altre farina di cereali. In alcuni Paesi invece, con i semi tostati si prepara il caffè. I semi perdono la loro tossicità con il calore. I frutti del sorbo vengono anche utilizzati per la preparazione di liquori e bevande alcoliche. Possono essere usate anche per aromatizzare piatti di selvaggina.

 

  • Mirto (Myrtus communis, famiglia Myrtaceae): E’ un arbusto sempreverde, talvolta con portamento di alberello molto ramificato, con corteccia rossastra, desquamante. Le foglie sono semplici, coriacee, con lamina lanceolata o ellittica ricca di ghiandole aromatiche. I fiori, sboccianti da maggio a luglio, sono bianchi. Il frutto è una bacca ovoidale, nero-cerulea a maturità. Specie eliofila e termofila, è il tipico componente della macchia mediterranea. Bacche di Mirto o Myrtus communis, sono di colore viola scuro, vengono utilizzate per cucinare ed insaporire primi e secondi, preparare confetture ma anche per la preparazione di un noto liquore: il liquore di mirto. Sono commestibili sia le bacche, che le foglie, ma possono dar vita, nelle persone sensibili, a reazioni allergiche. Si possono consumare fresche, o in preparazioni culinarie di vario genere. Hanno proprietà digestive, e sono ricche di flavonoli utili per la mente, e capaci di contrastare alcuni sintomi della demenza e dell’Alzheimer.

 

  • Corniolo (genere Cornus): Sono piante nella quasi totalità arboree o arbustive, con foglie opposte, da rotondato-ellittiche a ellittico-acuminate; i fiori sono piccoli, riuniti in infiorescenze ombrelliformi; i frutti sono delle drupe chiamate corniole. Si presenta in stato di arbusto o piccolo albero ed è originaria dell’Europa Centrale ed Orientale. I frutti maturano tra fine agosto e metà settembre, sono rosso vivo e carnosi, di forma allungata simili a delle olive e spesso disposte a coppie. Se consumati freschi sono dissetanti e con spiccato sapore acidulo ma vanno raccolti a piena maturazione altrimenti risultano allappanti. Le bacche rosse grandi come un oliva dal sapore acidulo ma zuccherino. Per maturare impiegano ben 7 mesi e, come altre tipologie di bacche (ma non tutte), hanno maturazione lenta. Il momento migliore per raccoglierle e consumare è quando il loro colore vira dal rosso al vinaccia. La pianta è un arbusto, o un piccolo alberello con foglie appuntite la cui fioritura genera fiori gialli a partire da febbraio. Si usa nella preparazione di confetture, gelatine, liquori ed aceto. Perfetta per i dolori articolari, dermatiti e disturbi del metabolismo. Possono essere trasformati in confetture e gelatine da accompagnare a piatti di selvaggina.

 

  • Gelso (Morus alba / Morus nigra): Passeggiando in campagna non è difficile incontrare lungo i margini delle strade e nei giardini le piante di Gelso. Questo albero ha rappresentato nella cultura contadina marchigiana fino a poche decine di anni fa un punto di riferimento sia per la produzione delle deliziose more di gelso che per la fornitura delle fogliame necessario per nutrire lo stadio larvale della farfalla bombice del gelso (Bombix mori) più comunemente nota come baco da seta. Per questo il gelso era una delle piante più usate nella coltura della “vite maritata” dove la pianta di vite veniva sorretta da un albero da frutto piuttosto che da un palo in cemento come invece avviene oggi. Gli infusi e gli estratti di gelso vengono utilizzati come ipoglicemizzanti, anche se non esistono studi clinici certi. La corteccia della radice essiccata del gelso nero, invece, è considerata purgante e tenifuga. Nella medicina popolare, il gelso trova impieghi come blando lassativo e come rimedio contro infiammazioni della mucosa delle vie respiratorie, ma non solo. Il gelso, infatti, viene utilizzato dalla medicina tradizionale anche come rimedio diuretico, astringente, antisettico, espettorante, antipiretico e antipertensivo. Il gelso, inoltre, viene sfruttato anche dalla medicina omeopatica, dove lo si può facilmente trovare sotto forma di tintura madre, gocce orali e granuli. In questo campo, la pianta è usata in caso di diabete, vasculopatia diabetica, retinopatia diabetica, ulcere diabetiche, disfagia, ernia iatale e pancreatite cronica.

 

  • Prugnolo (Prunus spinosa): è una arbusto molto comune con numerose spine, come indica il nome scientifico, e fiori bianchi che sbocciano a febbraio-marzo sulla pianta ancora spoglia e priva di foglie. È di origine europea ed è molto facile incontrarla nelle siepi, ai margini dei boschi, lungo scarpate e terreni incolti dal livello del mare fino al piano montano di tutta la nostra Regione. I suoi frutti, le prugnole, hanno una forma globosa e sono di colore viola intenso. Nella realtà della tradizione popolare il prugnolo selvatico veniva ampiamente usato in medicina, ad esempio per curare ogni tipo d’infezione dovuta a una ferita. Era frequente nei boschi tagliarsi e medicarsi con la poltiglia della bacca. La corteccia invece, poteva essere usata come febbrifugo.
    I fiori erano impiegati come potenti lassativi e vermifughi, come calmanti, diuretici e depurativi. Oggi ancora si utilizza il prugnolo selvatico per le sue qualità fitoterapiche. Le parti utilizzate sono i fiori e i frutti maturi. Entrambi hanno proprietà lassative, diuretiche, depurative, corroboranti, antispastiche.I fiori devono essere raccolti dalla fine di marzo, in giorni asciutti, e fatti essiccare in un luogo all’ombra. Con questi fiori viene preparata un’ottima tisana depurativa, con funzione drenante. I frutti freschi si raccolgono in pieno autunno, meglio dopo una gelata, quando perdono il sentore acidulo. Sono ottimi lassativi, ma si possono anche essiccare utilizzando un pratico essiccatore domestico. Se ne cercate uno, un modello valido lo trovate qui. Il succo fresco di prugnolo selvatico può essere anche utilizzato come antisettico del cavo orale. Inoltre è un valido colluttorio, che apporta immediato sollievo in caso di piccole infiammazioni.

 

  • Rosa canina (Rosa canina): Impossibile non notare le aggraziate fioriture primaverili di rosa selvatica che, sia in collina che in montagna, bordano i sentieri, le radure, i pascoli e i margini del bosco. Questa pianta, la Rosa canina, così come le sue congeneri, si trova su tutto il territorio marchigiano e produce un falso frutto, il cinorrodo che matura in autunno e anch’esso come le prugnole, diventa gradevole dopo i primi geli quando la buccia da rosso vivo diventa di colore più scuro. Sono simili alle bacche di corniolo sono dei falsi frutti, di coloro rosso con punta nera. Sono comunque delle bacche selvatiche commestibili, utili per preparare confetture, intrecciare ghirlande o per la decorazione in cucina di numerosi piatti. Vanno raccolte mature. Sono ricche di vitamine B, C e K, rinforzano il sistema immunitario, prevengono influenza, tosse e raffreddore. Essiccate, spezzettate e rinchiuse in barattoli, possono essere utilizzate per infusi e tisane depuranti e benefiche.

 

  • Ribes (Ribes): è una pianta della famiglia delle Sassifragaceae. Noto per le sue proprietà antinfiammatoria e antistaminica, è utile contro congiuntivite, allergia e stanchezza. E’ controindicato per chi soffre di ipertensione arteriosa.

 

  • Mirtillo: I mirtilli sono molto noti per la loro bontà, sia quelli coltivati, che i mirtilli selvatici. Come riconoscere il mirtillo falso? Lo si riconosce rompendo il frutto. Quella non commestibile ha all’interno la polpa bianca, il sapore non è buono, ma non è velenoso, mentre il vero mirtillo ha la polpa che macchia di rosso scuro. Sono ottimi per la vista e le infezioni urinarie.

 

  • Sambuco: Della pianta del sambuco si utilizzano non solo le bacche ma anche le foglie ed i fiori. Il colore delle bacche sferiche, è viola scuro. Buone di sapore, adatte per marmellate, le bacche di sambuco hanno proprietà antibiotiche, ricche di vitamina C e Vitamina A si rivela un ottimo anti-ossidante, anti-infiammatorio, ed aiuta ad eliminare gli acidi urici in eccesso; è anche lassativo. Fiorisce da aprile a giugno, mentre le bacche maturano a fine estate. E’ un arbusto che cresce fino a diventare un alberello. In erboristeria si usano i fiori, per le proprietà diaforetiche, diuretiche ed emollienti, e i frutti, delicatamente lassativi e immunostimolanti. In cucina si utilizzano le infiorescenze a ombrella per preparare ciambelle, frittate, e frittelle in pastella, sia in versione dolce che salata, e un aceto aromatizzato. I frutti, eduli se ben maturi, si consumano freschi, o per la preparazione di confetture e dolci vari, gelatine, liquori, vini.

 

  • Ebio o Falso Sambuco: L’ebio produce bacche con azione tossica e velenosa a differenza del sambuco. La differenza di base sta nella pianta: il sanbuco è un alberello con rami legnosi, mentre l’ebio è un erbacea con fusto centrale verde. Altro elemento per riconoscere le due piante sta nelle bacche: quelle di sambuco sono ricadenti mentre l’ebio ha ombrelli eretti con gruppi di bacche.

 

  • Ginepro (Juniperus communis): Sono facilmente riconoscibili le bacche di ginepro, per via della pianta che le ospita. Sono verdi e, dopo due anni circa, maturano diventando violacee blu, mentre diventano marroni seccandosi. La pianta del ginepro è ben riconoscibile perché le sue foglie aghiformi ricordano le tuie (Thuja) infatti fa parte della stessa famiglia del Cipresso. Hanno un gusto zuccherino, contengono calcio, gineprina, resina acetato di potassio.

 

  • Biancospino (genere Crataegus, famiglia Rosaceae): Sono arbusti o piccoli alberi, generalmente spinosi. Le loro foglie, caduche, sono dentate, lobate o pennatifide e i fiori, bianchi nella maggior parte delle specie, sono generalmente riuniti in infiorescenze corimbose. Oltre ad essere noto per la bella fioritura a mazzetti di piccoli fiori banchi, il biancospino in autunno dopo la fioritura, colora le sue bacche di verde per pi virare pian piano al rosso arancione. Gli uccelli ne sono ghiotti. In casa si possono preparare delle confetture. Le bacche di biancospino sono ricche di flavonoidi e di zuccheri, ed hanno azione rinforzante per il sistema cardiocircolatorio.

 

  • Aronia con bacche nere: Appartiene alla famiglia delle rosacee. Presenta foglie caduche e bacche scure, quasi nere, di forma tondeggiante. Le foglie di aronia sono di forma ovale di medie dimensioni in autunno, prima di cadere virano al rosso. La pianta raggiunge i due metri e diviene un alberello. I fiori sono raggruppati in grappoli di circa 25 capolini. La pianta fiorisce in primavera, ed i frutti maturano dopo circa 3 mesi, in estate. Il sapore delle bacche di aronia, come frutto, fresco è tannico e dunque non gradevole. Ottimo invece per preparare sciroppi, marmellate e succhi. Ha proprietà terapeutiche elevate, è un ottimo antiossidante, contiene vitamina C, K ferro e antociani in elevata quantità. Aiuta l’efficienza psico-fisica, la pelle, le gengive, i capillari e le ossa.

 

  • Fragoline di bosco: Fragoline di bosco e more sono facili da riconoscere e non hanno frutti simili con cui confonderle. Le fragoline di bosco sono piccole, morbide e profumate dal gusto intenso e dal frutto leggermente allungato. Di colore rosso vivono in montagna e fruttificano abbondantemente in tarda primavera ed estate. Nella medicina popolare , questi piccoli frutti, erano famosi per le loro virtù depurative e diuretiche e in particolare venivano consumate per contrastare l’ipertensione. Sono ricche di sali minerali come il Potassio, Magnesio (molto utili soprattutto in Estate per ridare un po’ di vitalità al nostro corpo, abbattuto dal forte caldo), calcio e ferro. Sono ben presenti la Vitamina A, E , Acido Folico, ma soprattutto tantissima Vitamina C, bastano 150g di fragoline di bosco (una decina all’incirca) per coprire il fabbisogno giornaliero di vitamina. Il colore rosso dei frutti deriva dalla presenza di alcuni pigmenti che si chiamano antocianine e sono degli antiossidanti che uniti alla vitamina C e ai polifenoli presenti, proteggono dal tumore al colon, riducono i radicali liberi e lo stress ossidativo alla base di quasi tutte le malattie, agiscono da antinfiammatori naturali e , se non bastasse, sono un super aiuto per i diabetici. Infatti le fragoline, pur essendo dolci e gustose, sono assolutamente consigliate nell’alimentazione ipocalorica e diabetica perché hanno un basso indice glicemico e migliorano la risposta insulinica. Tuttavia ci sono delle controindicazioni nel consumo delle fragoline. Non sono alimenti allergizzanti, ma sono istamina-liberatori e possono causare orticaria, difficoltà respiratorie e problemi gastrointestinali nei soggetti predisposti. Anche in gravidanza fare attenzione con questi frutti a causa della toxoplasmosi. Le fragole infatti crescono a terra e possono venire in contato con deiezioni animali.

 

  • Duchesnea Indica (falsa fragola): Tra le fragole false invece, ricordo la duchesnea indica che ha foglie molto più piccole e scure delle piante di fragola, è tappezzante, produce dei fiori gialli e piccole drupe simili alla fragola, ma di consistenza soda, senza sapore e, non tossici. Si tratta di un pianta perenne della famiglia delle rosacee, molto graziosa ma ingannevole. Il frutto è sgradevole è insapore e non è commestibile. Nella medicina popolare venivano utilizzati i fiori in Infuso come attivante la circolazione sanguigna e con il decotto per trattare ascessi, foruncoli, ustioni, tonsilliti, laringiti.

 

  • Lampone: Il lampone rosso o lampone europeo (Rubus idaeus) è un arbusto da frutto appartenente alla famiglia delle Rosaceae e al genere Rubus; il cui omonimo frutto, di colore rosso e sapore dolce-acidulo è molto apprezzato nelle preparazioni alimentari. I principi attivi contenuti nella pianta sono i tannini, la vitamina C, il flavone e acidi organici. Come erba medicinale ed erba officinale il lampone può essere usato come diuretico e colagogo. L’infuso di foglie è utile contro la diarrea.

 

  • Uva spina (Ribes uva-crispa): è un arbusto da frutto appartenente alla famiglia delle Grossulariaceae e al genere ribes. Le sue bacche sono considerate frutti di bosco. Il frutto è una bacca edule di dimensione e pelosità variabile con alcuni semini all’interno; ne esistono diverse varietà con colore rosso o giallo. L’estratto di uva spina ha proprietà analgesiche, riducono notevolmente i livelli lipidici nel sangue e nei tessuti dei ratti, può essere utile per prevenire l’arteriosclerosi, ha proprietà antitumorali. Si ritiene che la bioattività in questo estratto sia principalmente mediata dai polifenoli, in particolare tannini e flavonoidi. Ha proprietà protettive nei confronti del fegato, proprietà antiossidanti ed è utile per la prevenzione di alcuni tipi di tumore, delle malattie cardiache ed anche dell’Alzheimer. Le bacche contengono fibra solubile ed insolubile. L’assunzione di fibre solubili è associato ad un rischio ridotto di sviluppare il diabete. Inoltre questo tipo di fibra è utile per ridurre i livelli di colesterolo cattivo nel sangue. La fibra insolubile invece apporta benefici alla digestione ed è utile nel trattamento delle emorroidi. La vitamina C è presente in buone quantità nell’uva spina. Le sue proprietà hanno diversi effetti benefici sulla salute. Essendo un composto antiossidante, lavora in sinergia con gli altri antiossidanti per proteggere il DNA e le cellule dai radicali liberi. Oltre a questi benefici, la vitamina C è anche necessaria per la sintesi del collagene e per mantenere denti ed ossa forti. In ultimo, la sua assunzione è utile nella prevenzione dell’ipertensione e delle malattie cardiache.

 

  • Fico d’India o ficodindia, è una pianta succulenta appartenente alla famiglia delle cactacee, originaria del Centroamerica ma naturalizzata in tutto il bacino del Mediterraneo. È una pianta succulenta e prelibata arborescente che può raggiungere i 4-5 metri di altezza. Il fusto è composto da cladodi, comunemente denominati pale: si tratta di fusti modificati, di forma appiattita e ovaliforme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3,0 cm, che, unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni. I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana, vicariando la funzione delle foglie. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio fusto. Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Appaiono sui cladodi giovani e sono effimere. Alla base delle foglie si trovano le areole (circa 150 per cladode) che sono delle ascelle modificate, tipiche delle Cactaceae. Il tessuto meristematico dell’areola si può differenziare, secondo i casi, in spine e glochidi, ovvero può dare vita a radici avventizie, a dei nuovi cladodi o a dei fiori. Da notare che anche il ricettacolo fiorale, e dunque il frutto, è coperto da areole da cui si possono differenziare sia nuovi fiori che radici. Le spine propriamente dette sono biancastre, sclerificate, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. Esistono anche varietà di Opuntia inermi, senza spine. L’Opuntia ficus-indica, per la sua capacità di svilupparsi anche in presenza di poca acqua, si rivela una pianta di enormi potenzialità per l’agricoltura e l’alimentazione dei paesi aridi. Ha un notevole valore nutrizionale essendo ricco di minerali, soprattutto calcio e fosforo, oltreché di vitamina C. La risorsa alimentare più pregiata è rappresentata dai frutti, chiamati fichi d’India, che oltre ad essere consumati freschi, possono essere utilizzati per la produzione di succhi, liquori, gelatine (in Sicilia p.es. detta mostarda), marmellate, dolcificanti ed altro; ma anche le pale, più propriamente i cladodi, possono essere mangiati freschi, in salamoia, sottoaceto, canditi, sotto forma di confettura. Vengono utilizzati anche come foraggio. Una farina ottenuta dalle bucce dei frutti può essere come ingrediente per la produzione di biscotti. Se consumato in quantità eccessive può causare occlusione intestinale meccanica dovuta alla formazione di boli di semi nell’intestino crasso. Pertanto questo frutto va mangiato in quantità moderata e accompagnato da pane per impedire ai semi, durante l’assorbimento della parte polpacea, di conglobarsi e formare i “tappi” occlusivi. Per analogo motivo è sconsigliato questo frutto alle persone affette da diverticolosi intestinale. Si può ottonere uno sciroppo, concentrando la polpa privata dei semi, del tutto simile come consistenza e gusto allo sciroppo d’acero, ed utilizzato nella preparazione di dolci rustici. È utilizzato anche come infuso per un liquore digestivo. I frutti sono considerati astringenti; per la loro ricchezza in vitamina C sono stati usati in passato dai naviganti per la prevenzione dello scorbuto. I giovani cladodi, riscaldati al forno, vengono utilizzati come emollienti, applicati in forma di cataplasma. L’applicazione diretta della “polpa” dei cladodi su ferite e piaghe costituisce un ottimo rimedio antiflogistico, riepitelizzante e cicatrizzante su ferite e ulcere cutanee; è un vecchio rimedio della tradizione siciliana, utilizzato ancor oggi nella cultura contadina isolana. Il decotto di fiori ha proprietà diuretiche. I frutti di O. ficus-indica hanno marcate proprietà antiossidanti. L’efficacia di un estratto di O. ficus-indica nella cura dei postumi della intossicazione alcolica è stata dimostrata in uno studio clinico controllato randomizzato. La notevole concentrazione della frazione polisaccaridica presente nei cladodi del ficodindia, così come in altre specie di Opuntia, costituita prevalentemente da un polimero di galattosio, arabinosio e altri zuccheri denominato opuntiamannano,comporta la capacità di legare i grassi e gli zuccheri ingeriti (resi pertanto non assorbibili); con risultati positivi sul metabolismo glico-lipidico e nella sindrome metabolica. Le mucillagini e le pectine presenti nei cladodi di O. ficus-indica hanno dimostrato un effetto gastroprotettivo negli animali da esperimento. In cosmetica viene utilizzata per la produzione di creme umettanti, saponi, shampoo, lozioni astringenti e per il corpo, rossetti. È utilizzata inoltre per la produzione di adesivi e gomme, fibre per manufatti e carta. Dai semi viene estratto l’olio.

 

  •  Nei boschi possiamo anche trovare pinte di pomodoro, peperone e melanzane.

Alcune piante con bacche non commestibili

  • Ligustro “Ligustrum vulgare”: Il Ligustro è un sempreverde che appartiene alla famiglia delle “Oleacee”. E’ un arbusto sempre verde nella specie a foglie grandi, mentre nella specie nana presenta foglie semi persistenti che tendono a cadere in inverno al di sotto dei 3-5 gradi, per poi rinascere velocemente in febbraio marzo. Ambedue le specie sono adatte per formare siepi e come esemplare isolato. La specie nana raggiunge 1,5 metri di altezza, mentre l’altra può arrivare a 3-4 metri di altezza ed oltre. Il fogliame è leggero, le foglie sono di forma ovale o ellittica di colore verde, ma alcune varietà presentano foglie screziate verdi e gialle ligustro variegato). I fiori sono profumati biancastri, riuniti in pannocchie terminali, le corolle sono costituite da quattro lobi ovali. Successivamente dia fiori si originano bacche scure utilizzate per tingere i tessuti, e molto amate dagli uccelli. Il colore del frutto in genere è nero lucido tendente al rossastro cupo; le bacche sono velenose.

 

  • Lauroceraso “Prunus Laurocerasus”: Appartiene alla famiglia delle Rosacee. Pianta utilizzata come nei giardini come elemento singolo, o allevato ad alberello o a cespuglio o per formare delle alte e spesse siepi ornamentali di Lauro Ceraso. Per scegliere una pianta da siepe si devono considerare vari fattori tra essi, la facilità di coltivazione e l’ampiezza che raggiunge la siepe. I frutti del lauroceraso sono delle piccole bacche di colore nero; sia queste che le foglie contengono acido cianidrico e, conseguentemente, risultano tossiche per l’uomo e per gli animali.

 

  • Edera “Hedera helix”: Appartiene alla famiglia delle Araliacee, è un tra le tante piante rampicanti sempreverde, specie spontanea della nostra flora, di Edera Helix esistono diverse varietà dalle dimensioni e fogliame differente, alcune presentano foglie di color verde scuro, mentre altre (oro di Bagliosco) possiedono la pagina fogliare verde all’estremità e gialla oro al centro, alcune possiedono foglie di piccole dimensioni, mentre altre raggiungono i 10 cm di larghezza. Le tante varietà consentono di scegliere quella più idonea alle esigenze dello spazio da allestire. Composti chimici Edera fitoterapica Contiene composti chimici quali: saponosoidi, eteroside, follicolina, inosite, tannino e sali. Possiede proprietà antispasmodiche, antireumatiche, tossifughe, emmenagoghe e vasocostrittrici. Generalmente utilizzata come decotto, estratto fluido, tintura o pomata. A forti dosi è altamente tossica, soprattutto i suoi semi. Si usano le foglie per decotti, mentre i frutti sono velenosi.

 

  • Agrifoglio (Ilex aquifolium, famiglia Aquifoliaceae): è indubbiamente, una delle piante maggiormente evocative. Per il suo fogliame persistente, per i suoi fiori e i suoi frutti, l’agrifoglio è una delle piante legnose più ornamentali della nostra flora. Si tratta di un arbusto o piccolo albero sempreverde, le cui foglie hanno una consistenza cuoiosa ed un bel colore verde intenso lucido, con margine provvisto di spine negli individui giovani. I fiori, bianchi (sboccianti ad aprile-maggio), ed i frutti (che sono delle drupe), rossi a maturità in ottobre, completano il quadro estetico dell’Agrifoglio. I suoi frutti sono delle bacche polpose di colore rosso, velenose per l’uomo, ma particolarmente appetibili per gli uccelli. I fiori sono piccoli, bianchi o color porpora; si presentano a grappoli all’ascella delle foglie. Esistono centinaia di specie di agrifoglio e ancor di più sono gli ibridi e le varietà.

 

  • Pungitopo: E’ una pianta presente nella macchia mediterranea e raggiunge altezze tra i 30 e gli 80 cm, la sua crescita è molto lenta ed in autunno dopo la fioritura di piccoli fiori gialli, produce delle belle bacche di color rosso, che persistono fino alla primavera seguente dando alla pianta un bell’aspetto ornamentale, le sue foglie sono piccole e lanceolate e appuntite, di un bel verde scuro. Il Pungitopo è una pianta sempreverde, rustica e perenne, appartengono a questa famiglia diverse specie. Le bacche rosse sono velenose, i germogli del pungitopo sono invece commestibili e si prestano a diverse ricette. Assomigliano a piccoli asparagi, hanno un gusto leggermente amarognolo e si prestano a diverse ricette, ideali per insaporire insalate, minestre ma anche frittate. Il Pungitopo è una potente pianta medicinale. I principi attivi presenti nelle piante di Pungitopo sono: oli essenziali quali canfora, acetato di linalile, acetato di bornile, linalolo, anetolo e resine. Contengono inoltre diversi sali minerali quali calcio e nitrato di potassio; fitosteroli quali la ruscogenina, neuroscogenina, ruscina ed altri; diversi flavonoidi; zuccheri; acidi grassi ed acidi organici. Le sue proprietà sono legate principalmente ai fitosteroli che conferiscono al pungitopo proprietà diuretiche con l’eliminazione dei cloruri, sedativo ed antinfiammatorio delle vie urinarie, ha effetti benefici nei confronti dei calcoli renali, cistiti, gotta, artrite e reumatismi non articolari. Il pungitopo è il più potente vasocostrittore naturale che si conosca, utile nella terapia delle vene varicose con un’azione vasocostrittore esercitata soprattutto a livello dei capillare.

 

  • Vischio (Viscum album): è una pianta cespugliosa che appartiene alla famiglia delle Santalaceae. Il vischio è una pianta sempreverde epifita, emiparassita di numerosi alberi ospiti e può anche arrivare a essere parassita di se stesso ma di solito lo si trova sugli alberi da frutto, melo e pero in particolare, su pioppi, pini, abeti, salici, aceri, betulle, tigli, meli, robinia e raramente su prunus e quercia. Non cresce mai su Fagus, Platanus, Ailanthus o Juglans regia. Se ne può notare la presenza specialmente in inverno, quando i suoi cespugli cresciuti sui tronchi e sui rami sono evidenziati dalla perdita delle foglie della pianta che li ospita e per questo riesce a essere verde quando gli altri alberi sono spogli, con le foglie a orecchie di coniglio, i rametti verde tenue e le bacche bianche. Le sue foglie sono oblunghe, di piccole dimensioni e coriacee, le sue bacche sono bianche trasparenti, è una pianta a crescita molto lenta. Il vischio è un semi-parassita perché penetra con i suoi succhioni nell’albero che lo ospita e ne succhia la linfa, ma in parte si nutre anche da solo perché la pianta è dotata di clorofilla e come tutte le altre piante sfrutta l’anidride carbonica, l’acqua e la luce del sole. Attualmente sappiamo che il vischio possiede importanti proprietà terapeutiche antitumorali scoperte già nel 1926. L’utilizzo del vischio è consigliato anche durante il trattamento chemioterapico e nel periodo post-operatorio, per stimolare le difese dell’organismo e per rafforzare l’azione dei farmaci antineoplastici. La pianta avrebbe degli effetti da non sottovalutare in alcuni tipi di tumore in particolare, come quello polmonare, del pancreas, del colon-retto, mammario e cervicale. Ha, inoltre, interessanti effetti terapeutici sul sistema circolatorio, per contrastare l’arteriosclerosi, per i problemi gastrointestinali, contro lo stress e nelle affezioni respiratorie. La pianta è conosciuta nella medicina popolare per le sue proprietà ipotensive e diuretiche. In Abruzzo l’infuso vinoso di foglie e rami giovani era impiegato contro l’albiminuria; l’infusione vinosa delle foglie secche era impiegata nell’arteriosclerosi. Controindicazioni: Occorre ricordare che il vischio possiede anche una certa tossicità, per cui non si deve esagerare nella sua assunzione. In genere le bacche vengono considerate più tossiche rispetto alle foglie e agli steli. In alcuni casi di assunzione possono verificarsi reazioni allergiche e nei casi più gravi, shock cardiovascolare. Le bacche se ingerite in abbondanza possono provocare vomito e diarrea. Il frutto del vischio, ossia una bacca biancastra e gommosa, è tossico per l’uomo.

 

  • Vischio quercino (Loranthus europaeus) è una pianta epifita appartenente alla famiglia delle Loranthaceae, diffusa in Europa. È una fanerofita epifita a portamento arbustivo, alta 50–100 cm, con piccoli tronchi legnosi dalla corteccia bruna, che formano un rigonfiamento a cercine nel punto di inserzione sulla pianta ospite. È una specie emiparassita, cioè è in grado di effettuare la fotosintesi, ma a spese dell’acqua e dei sali minerali della pianta ospite. Non possiede normali radici ma degli austori che si infiltrano nei tessuti dell’ospite. Ha foglie poco carnose caduche e piccoli fiori unisessuali, giallo-verdognoli, raccolti in infiorescenze a spiga o a racemo. I frutti sono piccole bacche giallastre, 6–10 mm di diametro, velenose per l’uomo ma appetite dagli uccelli, soprattutto dai tordi, che ne facilitano la disseminazione. I semi, ricoperti da un sottile pericarpo coriaceo e vischioso, non germinano se non sono prima passati attraverso l’intestino di un uccello, in modo tale che gli enzimi digestivi possano modificare la struttura molecolare dello strato protettivo. Fiorisce ad aprile-maggio mentre i frutti maturano a novembre-dicembre. Il Vischio quercino, che si chiama così perché cresce sulle querce, era anche l’unico che i druidi raccoglievano e che usavano per preparare pozioni curative (attenti alla tossicità delle bacche!) compresa quella che nella fantasia dei fumetti di Uderzo e Goscinny dava l’invincibilità al gallo Asterix. Il vischio è, in forma concentrata, potenzialmente fatale e le persone possono ammalarsi gravemente mangiandone le bacche. Gli estratti concentrati possono causare un’intossicazione importante, che può manifestarsi con diplopia, midriasi, ipotensione, confusione mentale, allucinazioni, convulsioni. La lectina tossica viscumina è stata isolata dal vischio. La viscumina è una proteina citotossica (chiamata proteina inattivante ribosoma, o RIP) che si lega ai residui di galattosio delle glicoproteine sulla superficie cellulare e può essere internalizzata dall’endocitosi. La viscumina inibisce fortemente la sintesi proteica inattivando la subunità ribosomiale 60 S. Nella medicina alternativa, il vischio viene impiegato, sotto forma di tinture o infusi, come antipertensivo e anti-arteriosclerotico. Non vi sono al momento studi clinici che confermino tale azione. Per queste sue proprietà curative il vischio era utilizzato sin dai popoli della mitologia norrena. Il vischio è una delle sostanze di medicina alternativa e complementare più studiate per la lotta al cancro. Sebbene non esistano prove a sostegno dell’idea che la stimolazione del sistema immunitario da parte del vischio porti a una migliore capacità di combattere il cancro, la ricerca di base con estratti di vischio fornisce molte tracce per ulteriori indagini sui possibili meccanismi del vischio come prodotto di supporto nell’intero trattamento oncologico del singolo paziente. Gli estratti di vischio sono stati valutati in numerosi studi clinici e sono stati segnalati frequentemente miglioramenti nella sopravvivenza e nella qualità della vita. Nell’antichità si usavano delle bacche per preparare una sostanza vischiosa usata per la cattura degli uccelli. In alcune regioni d’Italia l’infusione alcolica delle foglie secche di L. europaeus è impiegata come rimedio popolare antispasmodico.

 

  • Agazzino (Pyracantha coccinea): è una pianta spinosa appartenente alla famiglia delle Rosacee, diffusa in Eurasia. Ha fiori bianchi, in corimbi che vengono prodotti in tarda primavera e frutti che sono piccole drupe e possono essere rossi, gialli o arancioni a seconda delle varietà. L’agazzino è un arbusto, caducifoglie in climi freddi e latifoglie, con rami spinosi. Sorbo Aucuparia o degli uccellatori (ne vanno ghiotti gli uccelli). Il frutto è commestibile, si può cucinare per ricavarne marmellate e gelatine.

 

  • Tasso (Taxus baccata): è un albero dell’ordine delle conifere, molto usato come siepe ornamentale o pianta isolata potata secondo i criteri dell’ars topiaria. È conosciuto anche con il nome di «albero della morte». Il tasso comune, nella sua qualità di conifera, non produce veri frutti e quelli che sembrano tali sono, in effetti, i così detti arilli, cioè escrescenze carnose che proteggono il seme, velenosissimo. Gli arilli diventano rossi a maturità; la sola polpa dell’arillo è commestibile.

 

  • Tamaro (Tamus communis): è una pianta erbacea perenne rampicante monocotiledone della famiglia delle Dioscoreaceae. Il frutto è una bacca globosa di colore rosso brillante, contenente 6 piccoli semi. In piena fruttificazione le bacche si presentano numerose, riunite in apparenti grappoli. Il tamaro è da considerarsi pianta velenosa per la presenza di alcuni principi attivi tossici, soprattutto nelle bacche e nella radice. La droga vera e propria è la radice, usata in passato nella farmacopea popolare per la cura dei geloni e dei reumatismi e come lassativo. Ha proprietà emetiche, rubefacenti, purgative. Per le proprietà rubefacenti e stimolanti può essere utile anche come rinforzante del cuoio capelluto. Le caratteristiche dei principi attivi sconsigliano fortemente l’uso non controllato anche per via esterna, in quanto può comportare effetti collaterali di una certa gravità (reazioni allergiche, vomito, diarrea).

 

  • Salsapariglia nostrana (Smilax aspera,): è una pianta monocotiledone della famiglia delle Liliaceae. In Italia è nota anche col nome comune di stracciabraghe o strazzacausi. Può essere utilizzata in infusi e decotti per curare l’influenza, il raffreddore, i reumatismi, l’eczema. Ha inoltre proprietà espettoranti ed emetiche (se somministrata in dosi abbondanti) e gli estratti vengono usati in formulazioni galeniche per migliorare l’assorbimento dei principi attivi farmacologici. Nel Salento (Puglia) i germogli teneri di questa pianta vengono raccolti e utilizzati alla stregua degli asparagi selvatici, preparati previa bollitura in frittata; con le uova; sott’olio (in conserva); in insalata, lessati e conditi con olio e aceto di vino. La salsapariglia stimola la mucosa gastrica e può irritarla è quindi da evitare se si soffre di gastrite e se si assumono farmaci diuretici; in ogni caso non superare le dosi consigliate, può generare attacchi di vomito. Controindicato l’uso in gravidanza, durante l’allattamento e nei bambini sotto i due anni Consultare il medico di fiducia prima dell’uso, e attenersi scrupolosamente alle dosi indicate.

 

  • Belladonna (angiosperme dicotiledoni) è una pianta a fiore della famiglia delle Solanaceae. Nonostante l’aspetto invitante e il sapore gradevole, le bacche sono velenose per l’uomo e l’ingestione può provocare una diminuzione della sensibilità, forme di delirio, sete, vomito, seguiti, nei casi più gravi, da convulsioni e morte.

 

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico.

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