Nepi: I Palazzi

La storia degli antichi palazzi di Nepi si intreccia strettamente con quella della città stessa, un centro di antica origine situato nella regione del Lazio, Italia. Questi edifici storici riflettono le varie fasi di sviluppo che Nepi ha attraversato nei secoli, dai periodi etrusco e romano fino al Medioevo, il Rinascimento e oltre. La presenza di famiglie nobili, le vicissitudini storiche, e l’influenza di potenti casate, come i Farnese, hanno lasciato un’impronta indelebile sull’architettura e sulla disposizione urbana della città. Nepi vanta anche una serie di palazzi nobiliari che riflettono il prestigio e la ricchezza delle famiglie che hanno dominato la città nei secoli. Questi palazzi erano non solo residenze private, ma anche simboli di potere e influenza. Molto spesso, presentano elementi architettonici rinascimentali e barocchi, frutto di ristrutturazioni avvenute quando Nepi era sotto il dominio o l’influenza di famiglie come i Farnese. L’influenza dei Farnese a Nepi è evidente in alcune delle sue architetture più notevoli. Questa potente famiglia, che aveva legami con il papato e governava un vasto territorio, ha investito significativamente nella città, commissionando opere che spaziavano dalla fortificazione, come i bastioni del Sangallo, a palazzi e residenze di prestigio. Gli interventi farnesiani hanno lasciato un segno distintivo nell’aspetto urbano e nelle strutture architettoniche di Nepi. La conservazione degli antichi palazzi di Nepi è di fondamentale importanza per mantenere vivo il ricco patrimonio storico e culturale della città. Molti di questi edifici sono stati restaurati e riadattati a nuovi usi, garantendo così la loro preservazione per le future generazioni. Questo processo di restauro e valorizzazione contribuisce anche a rafforzare l’identità culturale di Nepi e a promuovere il turismo, offrendo ai visitatori la possibilità di esplorare la storia vivente della città attraverso i suoi monumenti. In conclusione, gli antichi palazzi di Nepi rappresentano una finestra sulla storia e sull’evoluzione culturale di questa città del Lazio. Attraverso i secoli, hanno visto passaggi di potere, cambiamenti stilistici e adattamenti funzionali, rimanendo testimoni della ricca trama storica che caratterizza Nepi e il suo territorio.

Palazzo comunale, situato nel cuore del centro storico, è uno degli edifici più emblematici. Sebbene abbia subito modifiche e restauri nel corso dei secoli, conserva elementi architettonici che testimoniano la sua antica origine. Il palazzo ha funto da centro amministrativo della città per secoli, simbolo del governo locale e della comunità di Nepi. Il 21 maggio del 1542, completata l’apertura della nuova via dalla Rocca alla piazza di S. Eleuterio, il duca Pier Luigi Farnese ordinò che si iniziasse nella stessa piazza la costruzione di due palazzi, uno per la residenza del suo commissario, l’altro per la residenza dei Priori e del Consiglio. Il 7 dicembre dello stesso anno fu posta la prima pietra per l’edificazione dell’attuale Palazzo Comunale, l’unico fra i due voluti dal duca ad essere costruito. I lavori furono supervisionati da Battista, fratello di Antonio da Sangallo il Giovane. Di questa prima edificazione del Palazzo resta il portico e alcuni ambienti del primo piano. Nel 1744 il Consiglio Generale decise di completare l’edificazione del Palazzo affidando i lavori all’architetto Michele Locatelli. Questi ideò il completamento dell’edificio con l’aggiunta di due terrazze ai lati della facciata con al centro una parte più alta e sulla sommità l’ambiente per l’orologio. La costruzione assumeva così nel suo prospetto prospiciente la piazza la forma di torre, emblema della città. Al Consiglio non piacque tale progetto perché fu ritenuto che la creazione delle terrazze poteva portare a problemi di impermeabilizzazione delle stanze sottostanti. Di conseguenza fu richiesta una modifica del progetto, in modo che tutta la superficie del palazzo venisse protetta da una copertura a tetto: fu aggiunta quindi una balaustra ai lati dell’orologio nell’intento di simulare le due terrazze, come da progetto iniziale del Locatelli. Verso gli anni Settanta del XIX secolo furono incaricati ad affrescare la Sala Nobile del piano terra gli artisti Domenico Torti e Ludovico De Mauro che nello stesso periodo stavano decorando la volta del Duomo.

La fontana del palazzo comunale, scolpita nel travertino da Filippo Barigioni nel 1727. La torre con il serpente che si attorciglia ai suoi piedi, raffigurano lo stemma della città di Nepi.

Palazzo Celsi (via Garibaldi). Edificato dal nobile Ascanio Celsi durante il periodo farnesiano intorno al 1540. Notevole esempio di architettura sangallesca, con la sua splendida e lineare facciata. La pianta è quella del palazzo a blocco con corte aperta, conl portale d’ingresso è decorato da un elegante bugnato. Numerose sono le sale affrescate da artisti della seconda metà del XVI secolo, come il salone principale, contenente le raffigurazioni degli dei dell’Olimpo e con l’enorme camino, sulla cui cappa è affrescato il dio Vulcano che forgia nella sua fucina.

Palazzo Celsi (via Celsi). Edificato dai nobili Celsi prima del periodo farnesiano, molto probabilmente nel XV secolo.

Palazzo Sansoni (via Garibaldi). Elegante edificio cinquecentesco caratterizzato dal loggiato a quattro arcate in mattoni di cotto sulla facciata corta che guarda verso la piazza del comune, elemento architettonico aggiunto nel XVIII secolo. La struttura rinascimentale è sovrastata dalla parte terminale di una torre medievale. Ad Antonio nel 1840 fu concessa la nobiltà di Nepi per sè e successori. Altra famiglia. L’avvocato Carlo, di Jacopo, fu con rescritto granducale del 24 gennaio 1836, aggregato al ceto nobile di Livorno in seguito a proposta della Magistratura civica. La famiglia è iscritta nell’EIenco Ufficiale Nobiliare Italiano col titolo di nobile di Livorno (mf.), in persona di Carlo, di Eugenio, di Carlo. Figlio: Carlo. Altro ramo. Originaria di Siena. Appartiene a questa famiglia il celebre Francesco che fu per 25 anni generale dell’ordine francescano, a cui da Papa Sisto IV e dall’Imperatore Federico III furono affidati uffici delicatissimi. Egli rinunciò alla porpora offertagli da Alessandro VI; arrichì ed ornò a sua spesa i conventi di Siena, di Brescia, di Padova e di Firenze.

Palazzo Pisani. Attiguo a Palazzo Sansoni, si trova quest’altro esempio di architettura civile della metà del XVI secolo. Da notare nell’interno una targa sul pianerottolo a ricordo dell’ospitalità che la famiglia Pisani diede a Papa Pio VII. Nel 1805 infatti, S. M. Pio VII al ritorno da Parigi l’avvenuta incoronazione dell’Imperatore Napoleone fece un breve riposo in Nepi, ricevuto secondo l’alta dignità della Santità Sua nel Palazzo dei Signori Pisani. Pernottò negli appartamenti del Palazzo e assistette alla Benedizione nella chiesa dei PP. Domenicani, e circa alle 23 della sera, diede dalla loggia del Palazzo Mauri la Papale benedizione all’affollato popolo. Prima di continuare il viaggio, volle portarsi la mattina seguente nel Monastero degli Angeli, ammettendo al bacio del piede le poche religiose, che già si erano riunite in quel Chiostro. La famiglia Pisani è annoverata fra le famiglie nobili antiche e numerose della città di Nepi, essa ha partecipato largamente al governo nel magistrato dei Priori, poi in quello dei Conservatori, dei due Consigli e tra gli Officiali del Comune. Per la considerazione che godevano per il loro attaccamento alla Santa Sede si avvantaggiarono della benevolenza di Cardinali e Papi. Ebbero particolari privilegi quale quello della immunità nel loro Palazzo, all’interno del quale avevano una cappella nella quale era possibile officiare. Nei libri del “Consiglio” dal 1500 in poi ricorrono spesso i membri di detta famiglia.

Palazzo Savi (via Termo Larte). Posto lungo il ciglio della forra a sud della città. L’edificio di epoca medievale, è stato arricchito nel XVI secolo di decorazioni architettoniche in linea con il nuovo stile che si andava affermando. Appartenuto al notaio A. Savi.

Palazzo Floridi (via Tor di Floridi). Palazzo d’epoca medievale, di cui si conserva la svettante e compatta torre in blocchi regolari di tufo. Nel Cinquecento l’architettura sangallesca si impone a ridisegnare la lineare facciata, col suo portale bugnato e le aperture simmetriche. Appartenuta alla Famiglia Floridi di origine romana, trasferi­tasi a Nepi dopo l’incarcerazione e la morte (1498) a Castel S. Angelo di Bartolomeo, vescovo di Cosenza e segretario apostolico. Gli esponenti di questa casa furono stabilmente presenti nell’ammi­nistrazione della comunità, a partire dal primo membro noto, Giovanni, nominato vicario impe­riale della cittadina; tra i suoi esponenti più illustri va citato l’umanista Francesco Florido. Nella cittadina nepesina si ricordano: Cesare, canonico del duomo e vicario generale della diocesi, tenuto in considerazione da Pio V; Antonio, console del­l’Università degli Artefici di Roma nel 1582; Tul­lio, componente del Consiglio, e Mario, arciprete del duomo; nel 1591 Pirro, dottore in utroque iure. Per il sec. XVII vanno citati: Paolo Emilio e Cesare, consiglieri comunali nel 1626; Cesare, consigliere e ministro della comunità (1665); Biagio, consi­gliere e priore; Paolo Emilio, conservatore della città (1647); Carlo Sigismondo, sovrastante al Consi­glio e priore nel 1665; Fabrizio, vicario generale, che partecipò alla traslazione di san Tolomeo (1680); il conte Lucantonio, iscritto nel 1748 tra gli arcadi con il nome di Sitalce Lampejano, auto­re di Osservazioni sulla cronologia degli antichi ebrei, egizi, caldei, greci, e latini, ed esame intor­no la foggia de’ loro anni, mesi, giorni, ed ore, con una dissertazione intorno ad alcuni monumenti an­tichi, i quali supplirono alla mancanza delle lette­re, e servirono di memorie ai primi storici (Venezia, appresso Gio. Milli, 1737). Altri rami si trasferiro­no a Narni, Urbino e Anguillara Sabazia con Do­menico figlio di Cesare, priore e consigliere, vice­governatore dal 1671.

Palazzo Melata (via Tor di Floridi). Raro esempio di barocchetto romano nell’architettura civile a Nepi. Il portale e le altre aperture sono arricchite di stucchi a formare cornici, ghirlande e stemmi. La Famiglia Melata fa parte della storia di Nepi essendo molto partecipe nella vita sociale e religiosa del periodo. La famiglia aveva anche una cappella ornata di stucchi all’interno della chiesa di Santa Croce.

Palazzo Benincasa (via di Corte). Uno dei palazzi più antichi di Nepi, risalente a prima del XV secolo. Di proprietà del Cavaliere Aurato e di S. Paolo il Sig. Antonio da Benincasa da Nepi, soldato glorioso della Reverenda Camera Apostolica nel 1538, come curatore e innome della nominata Signora Lucrezia Nardi, di notabile famiglia roman, e in vece e a nome del Reverendo Signor Biagio Palladi, Segretario Apostolico e padrino della detta Lucrezia. Sul portale si può notare la scritta “Antonius Benincasa”. Da alcuni documenti può ancora leggere: “Arma. Di … alla gemella in banda, unita da due gemelle in sbarra di … e a tre anelli di … posti nei vuoti”.

Palazzo del Vescovato (piazza del Duomo). è un palazzo situato accanto al duomo di Nepi. Per molti anni sede Vescovile di Nepi. Da notare sopra le colonne del cancello di ingresso le statue dei Patrini di Nepi San Romano e San Tolomeo. I primi riscontri storici dei vescovi di Nepi risalgono al III e al IV secolo.Il 12 dicembre 1435 le diocesi di Nepi e di Sutri furono unite in persona episcopi con la bolla Sacrosancta Romana ecclesia di papa Eugenio IV. Sotto il vescovo Pomponio Cesi (1519), venne riscoperto il cimitero di Santa Savinilla, di origini antichissime, i cui scavi furono possibili proprio grazie ai finanziamenti del Cesi, che nel frattempo era divenuto cardinale. Nel 1523 la sede di Nepi fu conferita in amministrazione apostolica al vescovo di Viterbo Egidio Canisio, ma alla sua morte nel 1532 tornò ad essere amministrata dal vescovo di Sutri Jacopo Bongalli. Fu vescovo di Nepi e Sutri fra il 1556 e il 1560 il futuro papa Pio V, uno dei massimi protagonisti della riforma cattolica post-tridentina. Durante il periodo napoleonico, il vescovo di Nepi e Sutri Camillo de Simeoni rifiutò di sottoscrivere il giuramento, che fu di conseguenza imprigionato e deportato, mentre le sue diocesi furono soppresse e aggregate alle diocesi di Civita Castellana e Orte. A Nepi un’insurrezione antifrancese fu repressa nel 1798 dall’incendio della città e dal saccheggio della cattedrale e del palazzo vescovile. L’11 febbraio 1986 le diocesi di Nepi, di Sutri, di Orte e di Gallese furono unite in forma piena alla diocesi di Civita Castellana. Nel 1991 la diocesi di Nepi fu dichiarata sede titolare.

Palazzo Viterbini (via Giacomo Matteotti). è un palazzo situato nella parte centrale di vai Giacomo Matteotti o corso Umberto I o via del Foro. Appartenuto alla famiglia Viterbini. Da notare sulla facciata del palazzo la lapide che indica dove soggiornò Massimo D’Azelio nell’autunno del 1825, inserita nel palazzo nel 1876.

Villino Formica (via della selciatella). è un palazzo situato nella parte esterna di Nepi lungo la via amerina. Appartenuto alla famiglia Formica.

Palazzo Catalani, situato in piazza Catalani, dimora del Nobil Uomo Sig. Capitan Catalani. Apparteneva alla famiglia Catalani che fino al XVII secolo finanziò opere edilizie e partecipò attivamente alla vita religiosa del paese. Nel 1627 la Signora Girolama Catalani non avendo avuto figli, designò come erede il Monastero degli Angeli sotto la regola di San Francesco di Monache Clarisse. Arma D’azzurro alla croce del Calvario di rosso, movente da una stella di 16 raggi d’oro, nella punta dello scudo. Lo stemma si può vedere nella portale del palazzo.

• Palazzo degli Anguillara, situato in via degli Anguillara. La famiglia Anguillara è stata una famiglia nobile italiana. Come quella di tutte le famiglie medioevali italiane, anche l’origine della famiglia degli Anguillara è avvolta nel mistero. In ogni caso il luogo di origine del nome del casato va ricercato nell’omonima località situata sul Lago di Bracciano, Anguillara Sabazia. Per quanto riguarda il nome, ci si deve riferire a due possibilità: la prima ipotesi prevede che il nome derivi da una villa romana sorta su un punto in cui la riva del lago faceva angolo e chiamata perciò angularia; la seconda ipotesi parla di allevamenti di anguille. Della famiglia degli Anguillara a Nepi, si hanno notizie dai registri Battesimali, dal 1400 in poi. I libri anteriori al 1400, andarono persi a causa dell’incendio dei Spagnoli. La prima citazione si ha nel 1544 con Domenico Anguillara. Successivamente troviamo: nel 1635 Giulia figlia di Luigi; nel 1643 Romano figlio di Luigi; nel 1708 Luigi Anguillara; nel 1748 Pietro nel Campione dei Padri Domenicani. Origini più remote di questa famiglia cioè del 1544, potrebbero combinarsi con quelle in cui Luigi Anguillara professore di Botanica e Custode di un Orto Medicinale in Padova nel 1552 che poi mori nel 1570, e Gio. Andrea Anguillara buon Poeta del secolo XVI. Il primo potrebbe essere fratello, o nipote di Domenico Anguillara. La storia degli Anguillara a Nepi è legata alla figura di Everso o Avverso, signore feudale del XIV-XV secolo. Nel 1444 Papa Eugenio IV ordinò a Dolce Conte degli Anguillara di allontanarsi dalla città di Nepi e rendere libera la fortezza depositando la decima rata dei fiorini al banco della pace e di ciò ne dette avviso ai consiglieri della comunità con un breve del 16 aprile 1444. Dopo il 1450 tramò per estendere la sua influenza sino a Viterbo (che tentò di conquistare con l’assassinio, nel 1454, di Princivalle Gatti), e quindi in Umbria, arrivando per questo a scon­trarsi anche con papa Niccolò V e successivamen­te con la famiglia Orsini. Nel periodo successivo a causa del periodo di disordini nel territorio del Patrimonio di San Pietro, Everso riuscì a conquistare Carbognano, Vallerano e Nepi; ciò no­nostante non riuscì mai a creare una signoria in­dipendente. Ritiratosi nei propri feudi, morì il 4 settembre 1464. Lo stemma di famiglia è composto da due anguille incrociate, ma anche in questo caso non vi è certezza, perché alcuni affermano che non si tratti di due anguille, bensì di due serpenti, tale interpretazione è legata alla leggenda del Conte Ramone, capostipite della famiglia. Si narra, infatti, che intorno al X secolo un drago avrebbe infestato la zona di Malagrotta, terrorizzando i suoi abitanti. Ramone lo sconfisse e il papa, grato per questo servigio, gli donò il territorio su cui avrebbe costruito la propria dimora. In realtà, è ipotizzabile che il drago (poi iconizzato come serpente) fosse una banda di predoni che imperversava nella zona, fino al giorno in cui non venne annientata da guerrieri di professione.

• Palazzo Petroni, situato in via delle colonnette. Il loro stemma è riportato anche nella chiesa di San Tolomeo ai lati dell’altare della cappella di Sant’Andrea. Pietro Giannelli (Terni, 11 agosto 1807 – Roma, 5 maggio 1881) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano, era figlio di Andrea Giannelli e di Olimpia Petroni di Nepi. Arma: D’azzurro, all’ancora in palo, capovolta, al naturale, con la stanga piantata su la vetta di mezzo di un monte a tre cime di verde, accostata in capo, sotto l’arco degli uncini, da un sole d’oro e da un crescente rivoltato d’argento.

• Palazzo Giannelli, situato in via G.Matteotti. Andrea Giannelli e di Olimpia Petroni genitori di
Pietro Giannelli cardinale e arcivescovo cattolico italiano. Studiò prima in un collegio di Terni e successivamente all’Università di Roma ove nel 1831 ottenne la laurea in utroque jure. Ordinato presbitero nello stesso anno, divenne uditore presso la nunziatura apostolica nel Regno di Napoli e poi presso quella in Francia. Nel 1858 fu nominato nunzio apostolico presso il Regno di Napoli e venne consacrato arcivescovo titolare di Sardi. Papa Pio IX lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 15 marzo 1875, con il titolo di cardinale presbitero di Sant’Agnese fuori le mura. Partecipò al conclave del 1878 che elesse papa Leone XIII. Il Palazzo subì una completa ricostruzione nei primi anni ’60.

• Palazzo Bennicelli, situato in via G.Matteotti.

• Palazzo Brunetti-Flacchi, situato in via tor di valle opera del Sangallo.

• Palazzo Silij, situato in via tor di valle opera del Sangallo.

• Palazzo Agnitelli, noti sin dal secolo XV (1524), esercitavano l’arte della lana; e dall’agnello, insegna del loro lanificio, acquisirono per voce pubblica il cognome. Nell’Università dei lanifici, da essi promossa, ebbero cariche e grande autorità. La famiglia si è estinta in Nepi. Arma: D’azzurro all’agnello passante d’argento, sulla campagna di verde.

Altri Palazzi Nepi è ricca di Palazzi Storici, molti dei quali sono andati distrutti nelle varie epoche o ad opera dei francesi nel 1798.


Ricerche effettuate da Pietro Palazzini