La Catacomba di Santa Savinilla

La Catacomba di Santa Savinilla è un complesso cimiteriale tardoimperiale posto nei pressi dell’attuale cimitero. La datazione della sua fase iniziale permette di far risalire tra il IV e il V secolo l’introduzione del cristianesimo nel territorio, mentre la tradizione della chiesa locale attribuisce le origini cristiane della città al I secolo, grazie alla predicazione dei santi Tolomeo e Romano. Un racconto agiografico del XI secolo narra il loro martirio durante il regno dell’imperatore Claudio. Situata lungo l’antico tracciato viario che anticamente univa la civita nepesina a Sutri, la catacomba di S. Savinilla è legata alla leggendaria deposizione dei due martiri Tolomeo e Romano, considerati, secondo tradizione, i presuli fondatori dell’episcopato di Nepi, cui la matrona Savinilla avrebbe dato sepoltura entro una crypta sita in un podere suburbano. Vi si accede dalla chiesa di San Tolomeo alle Sante Grotte realizzata intorno al 1675 e costruita sulla precedente struttura fatta demolire da Pier Luigi Farnese, figlio del papa Paolo III, poichè poteva essere usata come riparo da eserciti nemici. Durante la demolizione nel 1542 del vecchio convento dei PP. Domenicani, si scoprirono le dimenticate Catacombe di Savinilla e rinvenuti i resti di S.Tolomeo e Compagni Martiri. La catacomba si compone di tre gallerie principali e di tre diramazioni secondarie. Le prime due gallerie, le più antiche, si sviluppano per circa 35 mt. e sono intercomunicanti. All’interno della catacomba sono ospitate più di mille tombe.Originariamente, la lunghezza non raggiungeva l’estensione attuale, ma è risultato di ulteriori interventi. Allo stesso modo, l’altezza di 5.90 metri della prima galleria non è quella originaria, ma il risultato di successivi scavi effettuati per creare nuovi loculi.Le due gallerie più antiche raggiungono, in alcuni tratti, una larghezza di circa 3.50 metri, una dimensione insolita per uno scavo cimiteriale sotterraneo. Inoltre, l’altezza e la disposizione scenografica degli ambulacri, dei nicchioni funerari e degli arcosoli, distribuiti su più livelli, conferiscono una grandiosa maestosità all’intero complesso. Anche il piano pavimentale delle varie gallerie era completamente occupato da sepolture. Le catacombe ospitano oltre mille di queste, testimonianza della grande vitalità e numerosità della primitiva comunità cristiana di Nepi. Le sepolture occupano sia le pareti delle gallerie, in tutti i loro spazi, che il piano pavimentale. In maggioranza si tratta di semplici loculi, talvolta per più corpi, chiusi originariamente con tegole o mattoni e ricoperti esternamente con malta bianca e con iscrizioni. Non mancano tuttavia sepolcri più monumentali, come alcune tombe a mensa, ad arcosolio, coronate da una nicchia con arco a tutto sesto o a sesto ribassato; nicchioni funerari, forse per unità familiari più numerose, con loculi sulle pareti di fondo e in quelle laterali del sottarco. In uno di questi, secondo tradizione ritenuto del martire Romano, sono conservate importanti testimonianze pittoriche d’età medievale, datate agli inizi del Trecento: Le raffigurazioni costituiscono la decorazione di una sepoltura nell’arcosolio “C” nella galleria A1. Guardando l’arcolsolio verso destra, al centro di una cornice duplice di colore rosso-ocra su sfondo bianco, si trova il busto del Salvatore benedicente. Con la mano sinistra, tiene aperto un Codex sul quale sono ancora visibili le lettere A e TO. Nello stesso riquadro, due figure angeliche in alto sostengono un tendaggio che riempie gli spazi laterali intorno alla figura centrale. Dall’altro lato, sempre all’interno di un’incorniciatura rosso-ocra, l’affresco raffigura gli apostoli Giacomo e Giovanni. Giacomo il Maggiore, di aspetto maturo e barbato, è riconoscibile per gli attributi del pellegrino di Compostella: il Codex, la spada e la bisaccia. Giovanni, invece, è rappresentato con un aspetto giovanile e senza barba, reggendo solo un Codex nella mano sinistra. Durante il restauro condotto nel 1987 dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, sono state individuate alcune iscrizioni inedite che forniscono dati importanti per la cronologia delle catacombe. In queste e in altre iscrizioni, oltre alla menzione della deposizione e dell’età raggiunta al momento del decesso, ricorre quasi sempre il verbo “dormit”, per esprimere, in modo semplice e tangibile, la concezione cristiana della morte: un riposo temporaneo in attesa del risveglio nella risurrezione. È considerato uno dei maggiori e più importanti complessi funerari dell’Italia centrale proprio per la sua monumentalità.


   

Translate »